#ildiavolovesteItalicum/7. Bersani mollato dai fedelissimi. Raccolta di firme nella minoranza per il governo. Rabbia, lacrime e nessuna prospettiva di scissione per i ribelli

30 Aprile 2015 0 Di Ettore Maria Colombo

“Mon empereur, la vieux guarde recule!” (mio Imperatore, la Vecchi Guardia si ritira, ndr.)

Pier Luigi Bersani

Pier Luigi Bersani

 

Se non fosse che la ‘Vecchia Guardia’ (i vari Bersani, Bindi, Epifani, Cuperlo, Letta) resiste, oggi sull’Italicum, domani – chissà – forse anche su altro, contro Renzi, il suo governo e la scelta di mettere la fiducia, il paragone con la disfatta di Waterloo ci sarebbe tutto. La disfatta della minoranza Pd, almeno in quanto a numero di truppe e soldati. è fragorosa e, anche, drammatica con annesse lacrime come quella della deputata bolognese Marilena Fabbri che non ha votato a fiducia ma piangendo.

A ruciare,agi occhi dea ‘vecchia guardia’ dea minoranza dem, sono i numeri dei pochi (38) contrari alla fiducia al governo. Al netto dei Giovani Turchi,  assati da tempo con Renzi, Area riformista contava, sulla carta, 80/90 deputati, l’area Cuperlo una ventina, più una decina di ribelli singoli (bindiani, lettiani, Civati). Vuol dire che, su 120 esponenti in totale della minoranza dem, ad assentarsi, ieri, sono rimasti in 38 mentre in ottanta hanno detto sì. Davvero pochi.

All’interno di questi 38 ‘coraggiosi’, il crollo e lo strappo più grosso si consuma dentro Area riformista, l’area che faceva capo, fino a ieri, a Pier Luigi Bersani e all’ex capogruppo alla Camera, il giovane Roberto Speranza. Per loro, è una debacle. Solo in 17 (su 80…) seguono le indicazioni di Bersani e Speranza, dopo una drammatica riunione della notte precedente in cui il fronte del ‘no’ alla fiducia è finito all’angolo, in netta minoranza. La ‘maggioranza della minoranza’ (oltre 50 deputati) si schiera per il ‘sì’ in nome della possibilità di contare e ottenere modifiche, ma non certo sulla legge elettorale, bensì sull’elettività del Senato. E cosi, da ieri mattina – con un documento diffuso e firmato, secondo i fedelissimi di Speranza, a ‘tradimento’, “un colpo basso irriguardoso che mira a delegittimare e isolare Roberto” – si scopre che è composta da ben cinquanta deputati e oltre l’area dei nuovi ‘responsabili’ verso Renzi e sull’Italicum: sono guidati da Matteo Mauri, Dario Ginefra ed Enzo Amendola, Micaea Campana, quarantenni in vista e in corsa, e sono già stati ribattezzati con perfidia, i ‘giovani armeni’, ci si aggiunge un soo ‘vecio’, il presidente delal commissione Lavoro Damiano. Invece, giovani bersaniani, contrari all’Italicum in punta di diritto, come Enzo Lattuca votano la fiducia con sofferenza, obtorto collo, e un bastian contrario di Renzi, il lettiano Francesco Boccia, vota sì perché, racconta, “così mi hanno chiesto gli elettori pugliesi”.

A restare, dunque, sul fronte del ‘no’ alla fiducia restano in 38: oltre a Bersani, Epifani e Speranza, i fedelissimi Stumpo e Zoggia, il molisano Danilo Leva e pochi altri. Bersani ha perso tutti i suoi in regioni-chiave come Lombardia, Puglia, Emilia, Toscana, Lazio. I cuperliani resistono alle sirene renziane in 14 su venti: abbastanza. Cuperlo racconta: “Abbiamo tenuto un’assemblea di area lunga e sofferta, non ho costretto nessuno, ma ragionato”. Infine, gli irriducibili: Civati e , Fassina, D’Attore, Bindi, !Iotto (bindiana), La Forgia (ulivista), il lettiano sardo (e duro come pietra) Meloni, il campano (ex lettiano, ma con un piede già fuori dal Pd) Guglielmo Vaccaro: non votano, parlano contro la scelta di Renzi, spesso con mestizia, a volte con tanta rabbia. Ma nessuno preannuncia future scissioni, anche se il tema aleggia, come quello della possibile nascita di gruppi ‘ulivisti’ alla Camera e, soprattutto, al Senato, dove i bersaniani sono tanti (24) e ‘duri’ guidati da Gotor, Fornaro, Pegorer.

Fuori da Montecitorio, SeL – che ha perso un deputato, Maratelli, che ha votato sì e passato al Misto, ha votato con il lutto al braccio ma preannuncia ‘sorprese’ per le due fiducie di oggi – organizza un presidio anti-Italicum cui partecipa, però, un solo dem: Civati. Un peso massimo, Goffredo Bettini, ex veltroniano e Dominus del Pd romano, bolla come “irresponsabili” i dissidenti, per aver detto no alla fiducia, ma i renziani, giulivi come non mai, spargono miele: “non verranno prese sanzioni contro chi non ha votato la fiducia”. Chi se ne andrà, dal Pd, se ne andrà, lo farà da solo, e per scelta.

NB. Questo articolo è stato pubblicato a pagina 5 di Quotidiano Nazionale il 30 aprile 2015 (http://www.quotidiano.net)