L’intervista. Claudio Velardi: “Boschi segretario e basta primarie. Caro Matteo, per vincere devi lasciare la guida del Pd e pensare solo al governo”

L’intervista. Claudio Velardi: “Boschi segretario e basta primarie. Caro Matteo, per vincere devi lasciare la guida del Pd e pensare solo al governo”

29 Giugno 2015 0 Di Ettore Maria Colombo

Claudio Velardi ha 60 anni, è napoletano, ha passato una prima vita nel Pci-Pds-Ds, una seconda come editore del quotidiano Il Riformista, e una terza, l’attuale, come lobbysta, fondatore della società Reti ed esperto di comunicazione che oggi insegna all’Università di Roma. Nel mezzo, l’esperienza a palazzo Chigi nello staff di Massimo D’Alema: con Latorre, Minniti e Cuperlo, il solo coi capelli, erano, appunto, detti «i Lothar di D’Alema»

Partiamo dal «pasticciaccio brutto» che riguarda De Luca.
«No, partiamo dallo scontro tra politica e magistratura che dura da 23 anni, cioè dal 1992. La legge Severino ne è l’ultimo epigono. Doveva servire a togliere di mezzo Berlusconi e invece lui è li, vivo e vegeto. Ora serve solo per reprimere i reati veniali o minori degli amministratori locali. Intanto, la corruzione fa il suo corso perché non si combatte con più leggi, ma meno leggi e più mercato».

Renzi non ha fatto errori?
«L’errore di Renzi è continuare a voler fare le primarie, strumento estraneo alla tradizione politica italiana e regolato da convenienze momentanee. Il risultato è De Luca. Ora il re è nudo. Un leader populista come lui, per quanto bravo amministratore e uomo energico, che si è sempre candidato contro il Pd, che usa i partiti come taxi, ma vince le primarie, poi le elezioni, si eleggere ed entra è in contrasto con una legge inservibile che va cambiata. Renzi dovrebbe combattere la deriva giustizialista del nostro Paese e fare la guerra alla magistratura che la fa alla politica. Contrastando anche i pruriti di un’opinione pubblica forcaiola e guardona e rimettendo in sesto un sistema politico oggi sbrindellato.

E le primarie? Vanno abolite?
«Dovrebbero restare solo per la contesa della premiership del Paese, magari per scegliere i sindaci, per il resto sono assurde e incoerenti. La classe dirigente va selezionata dall’alto, non dal basso: così fa un vero partito politico».

Com’è messo oggi, il Pd?
«A Napoli e in Campania, come a Torino e in Piemonte o altrove, semplicemente il Pd non esiste. E’ un partito diviso e lacerato, in mano ai vari potentati locali. Renzi dovrebbe smettere di fare, oltre che il premier, anche il segretario del Pd e promuovere, attraverso un congresso, Maria Elena Boschi a segretario del Pd, la personalità più forte e più autorevole che ha. Così, con un bel congresso, mette a tacere anche la sinistra interna, che nel Paese non conta più nulla. Mica si può continuare a mandare Guerini, a Napoli o altrove, per risolvere la grana De Luca o altre: manca lo standing, a lui come altri. I leader considerano sempre il loro partito come una palla al piede: così fu per D’Alema, per Veltroni, per Berlusconi e ora per Renzi, ma il premier deve capire che gli serve un Pd forte e strutturato».

Però, in questa fase, premier e governo vivono una fase di appannamento.
«La prima fase della rottamazione è finita, la seconda fase, quella delle riforme, è in corso, ma la resistenza dei corporativismi, è forte. Ora serve la terza fase: dare respiro all’azione di governo e partito».

C’è o no un “complotto” dei giudici contro l’azione del governo?
«Non c’è nessun complotto, ma una guerra tra poteri che dura da vent’anni, tra la magistratura che vuole tenere sotto ricatto la politica con la complicità dei media, che tifano sempre per l’instabilità. Renzi ha provato a sfidare i giudici e loro, i giudici, ora vogliono fargliela pagare anche se, finora, gli ha solo messo in mora le ferie…».

Ce la farà, il premier Renzi, per cui tifi?
In una situazione complicata come quella attuale l’unica cosa certa è che nessuno è in grado di mettere in campo una vera alternativa e che tutti hanno paura delle elezioni. I poteri forti e corporativi vogliono tenerlo sotto scacco, dargli fastidio, ma non destituirlo. Il governo Renzi non ha alternative.


NB. Questo articolo è stato pubblicato lunedì 29 giugno 2015 a pagina 13