Un’analisi ragionato del voto italiano alle Europee 2014 sulla base dei dati degli istituti Cattaneo, Swg, Cise

27 Maggio 2014 0 Di Ettore Maria Colombo

Il trionfo del Pd di Renzi. L’M5S di Grillo fermo al palo delle Politiche 2013 e che arretra anche rispetto a quel dato. Forza Italia in chiaro declino. La ‘sorpresa’ Lega Nord. NCD e lista Tsipras che superano lo sbarramento del 4% per un soffio. E’ già tempo di analisi e commento dei risultati delle elezioni europee del 25 maggio, lasciando da parte quelle amministrative. Come sempre, in questi casi, tornano utili i dati subito sfornati dall’istituto Cattaneo di Bologna per analizzare bene il voto. Ma andiamo con ordine

 

Votanti, non votanti e astenuti. Il ‘declino’ dell’Italia tra i Paesi Ue

Su un numero di aventi diritto al voto pari a 49.399.720 di italiani (rispetto ai 60.021.955 di abitanti del nostro Paese), alle Elezioni europee del 2014 hanno votato quasi quattro milioni di elettori in meno rispetto alle Europee 2009 (-7,7%). Alle urne, infatti, si sono recati 28.991.258 elettori aventi diritto, pari a una percentuale di affluenza del 57,22%, vale a dire 3.757.746 votanti in meno rispetto al 2009 (affluenza: 65,8%).
Il numero totale del ‘non voto’ – in questo caso l’analisi dei dati viene dal ‘centralone’ del ministero dell’Interno, il Viminale – è pari a 23.213.554 non votanti, un dato che va così scomposto: da un lato gli astenuti, che sono stati 21.671.202, cui va aggiunto la somma delle schede bianche e nulle degli aventi diritto che sono state, complessivamente, 1.542.352. Dunque, i voti validi sono stati, complessivamente, 27.371.747, il che vuol dire -6.634.008 rispetto ai voti validi registrato alle Politiche del 2013.

I diversi colori dei governi oggi alla guida della UE

I diversi colori dei governi oggi alla guida della UE

Prima novità rispetto a un punto fermo da sempre, l’alta affluenza al voto degli italiani. L’Italia, infatti, è sempre stato uno dei paesi europei con la più alta partecipazione al voto, da quando il Parlamento europeo viene eletto a suffragio universale (1979). Partecipazione al voto che, tuttavia, è ‘crollata’ crollata di 26,9 punti, di cui 13 nelle ultime due tornate elettorali. In Europa, invece, il crollo della partecipazione al voto si è quasi fermata. “Complessivamente, sono andati a votare il 43,1% degli elettori nei 28 paesi membri della Ue – osserva l’Istituto Cattaneo – confermando il dato delle precedenti elezioni del 2009 (43,0%)”. Il trend di diminuzione che, dall’elezione iniziale del 1979, aveva sempre accompagnato le Europee, si è quindi fermato ma, altrettanto paradossalmente, uno dei motivi principali del mancato crollo “è stata, in questa occasione, la presenza e il successo di partiti euroscettici in grado di canalizzare la protesta nell’urna”.
L’Italia, tra i 28 paesi Ue, si posiziona al quarto posto dell’affluenza con il 58,7%, dato simile alla Grecia (58,2%) e, pur rimanendo ai primi posti della Ue, mostra un’evoluzione negativa: per la prima volta l’affluenza scende sotto il 60%. Nel confronto con il 2009 il calo è di 7,7 punti, più significativo di quello che si era registrato nel 2009 (-5,4 punti sul 2004). Rispetto alle Politiche dell’anno scorso, invece, quando hanno votato 35.348.709 italiani (75%), sono rimasti a casa 6,5 milioni di elettori.
“Un andamento preoccupante”, commenta sempre l’Istituto Cattaneo, perché “nell’arco di dieci anni la partecipazione alle europee è scesa in Italia di 13 punti percentuali”. Morale: se si assume come riferimento l’elezione del 1979 il crollo della partecipazione in Italia risulta di 26,9 punti percentuali. Insomma, l’Itali perde terreno sia guardando al dato dell’affluenza sul lungo periodo sia, anche, nel breve periodo, ma mentre nel primo caso l’arretramento dell’affluenza può dipendere dal valore di eccezionale livello di partecipazione dei decenni passati, la perfomance negativa rispetto al 2009 (-7,7%) segnala la persistenza di una grave crisi di legittimità del voto anche in elezioni dall’offerta politica assai ampia. “Con ogni probabilità – chiosa l’Istituto Cattaneo – ha pesato sul dato del calo dell’affluenza la crisi del centrodestra e dell’elettorato moderato che non è riuscito a trovare spazio in una gara tutta polarizzata tra Pd e M5S”.

i simboli dei principali partiti politici presenti alle elezioni europee del 2014

i simboli dei principali partiti politici presenti alle elezioni europee del 2014

Ed eccoci, dunque, al risultato dei principali partiti e attori politici italiani.

Il ‘trionfo’ del Pd simile alla Dc degli anni ’50. Un partito ‘pigliatutto’.

Per quanto riguarda il Pd, è ormai evidente a tutti il cd. “effetto Renzi”, o meglio un effetto leadership: insieme a (ipotizzabili ma non ancora valutabili appieno) conseguenze sul comportamento di voto connesse a singole politiche condotte/annunciate dal Governo (i famosi ’80 euro’), la presenza del nuovo segretario e premier sulla scena politica italiana e quella – da lui voluta – di una nuova classe dirigente, giovane, dinamica, ha contenuto e battuto gli effetti della sfida avanzata dall’M5S di Grillo, vero competitor del Pd in assenza dello storico avversario Berlusconi. Sempre in base alle rilevazioni dell’istituto bolognese Cattaneo, il risultato del Pd è particolarmente “positivo” (in termini statistici) se si considera che si è registrata una contrazione della partecipazione e, ciononostante, il Pd ha raccolto un numero maggiori di consensi (in valore assoluto, e non solo in percentuale) rispetto alle Politiche del 2013 e alle Europee del 2009 e ne prende meno solo rispetto alle Politiche del 2008 (- 800 mila voti).
Il Pd (11.172.861 voti, pari al 40,8%, e 31 europarlamentari eletti, il gruppo più consistente all’interno della famiglia europea del PSE inviato a Strasburgo, gruppo che potrà contare su 189 eurodeputati, la seconda ‘famiglia’ politica europea seconda sola al PPE, superando anche l’SPD) cresce rispetto alle elezioni europee del 2009 e alle politiche del 2013, dunque, mostrando una crescita sostenuta in tutto il territorio nazionale. Le elezioni con cui è più corretto, dal punto di vista metodologico, fare una comparazione sono le Europee del 2009 (+3.183.262 i voti per il Pd), quando il Pd ebbe 8.007.854 di voti pari al 26,1% ottenendo 21 seggi.
Tuttavia, il Partito democratico ha significativamente incrementato i voti anche rispetto alle Politiche del 2013: +2.526.827 rispetto agli 8 milioni e 646.037 voti presi, il 25 febbraio 2013, dal Pd allora guidato da Bersani, Pd che, allora, aveva perso quasi 3,5 milioni di voti rispetto al Pd del 2008. in un anno, cioè, il Pd è passato al 25,4% al 40,8% doppiando i voti ottenuti da M5S (21,2%) e triplicando quelli presi da Forza Italia (16,8%). Commenta sul Sole 24 ore del 27 maggio il professor Roberto D’Alimonte (politologo affermato e ‘padre’ dell’Italicum); “Il 40,8% al Pd è frutto di due fenomeni concomitanti. L’aumento dei voti al Pd in valore assoluto (+2,5 milioni rispetto alle Politiche 2013) e la diminuzione dell’affluenza alle urne che è calata di quasi 17 punti percentuali (dal 75% al 58%)”.
I dati del 2014, per il Cattaneo, vanno inoltre anche considerati in virtù del tipo di elezione e del connesso livello di partecipazione. Al netto di queste variabili il dato del Pd è, dal punto di vista elettorale/statistico, assai positivo. Il Pd, inoltre, è avanzato rispetto al 2013, in tutte le regioni (tranne in Sardegna: -6,1% sul voto precedente). Il partito guidato da Renzi, è diventato, infatti, il primo partito italiano in tutte le regioni e in tutte le 120 province italiane, tranne tre (Bolzano, Isernia e Sondrio). In termini percentuali tale spostamento in valori assoluti si traduce in un +29% rispetto alle politiche del 2013 e in un +40% rispetto al 2009. Dal punto di vista territoriale, l’avanzata del Pd è stata significativa in tutto il territorio nazionale, ma concentrata soprattutto nelle regioni settentrionali (Nord Ovest: + 35%), nel Sud (+28%) e meno sostenuta ‘solo’ nelle Isole (+13%). Del resto, 13 delle 15 province che hanno registrato il maggiore incremento di voti sono nel Nord (tranne Cosenza e Macerata) mentre le quindici “peggiori” prestazioni del Pd sono concentrate al Centro-Sud (tranne Bolzano e Trieste per ragioni ‘locali’) e in particolare in Sardegna.

 

Matteo Renzi vota al suo seggio di Pontassieve (Firenze)

Matteo Renzi vota al suo seggio di Pontassieve (Firenze)

 

L’analisi dei flussi di voto tra Politiche 2013 ed Europee 2014 realizzata dall’istituto Swg di Trieste per SkyTg24 chiarisce, invece, i movimenti di voto alla base della vittoria democratica. La strategia dell’estensione del parco elettorale fa sì che Renzi possa permettersi il lusso di perdere una manciata di voti in uscita verso l’estrema sinistra (circa 230 mila i voti ‘donati’ alla neonata lista Tsipras. I flussi, infatti, dicono che – rispetto alle politiche del febbraio 2013 – il Pd avrebbe confermato 6,6 milioni di voti cedendone poco più di due milioni, ma il saldo è comunque positivo per i democratici, che incassano 4.570.000 ‘nuovi’ voti. Se da una parte il Pd, infatti, riesce a drenare l’astensione, una valanga di nuovi consensi arriva da Scelta Civica che in un colpo solo si prosciuga ‘regalando’ al Pd 1.270.000 voti. Alla voce incassi pure 750 mila preferenze che arrivano dai delusi dell’M5S mentre sono 430 mila i voti dall’ex Pdl. E le grandi città diventano gli avamposti della marcia trionfale democratica: a Milano il Pd tocca quota 45%, Torino è una sorta di Stalingrado (45%) e a Roma il Pd supera il 43%. Tiene anche Napoli, dove il Pd intasca il 40,8%, mentre a Palermo i numeri sono più contenuti ma netti con il Pd al 34,2%.
Peraltro, l’exploit del Pd di Renzi non ha paragoni neppure con la storia della sinistra storica italiana: mai, nella storia del centrosinistra italiano, una forza politica si era spinto oltre il 40% (il massimo fu il 33,2% delle Politiche 2008 con il Pd a guida Veltroni). Persino il Pci di Berlinguer si fermò (e fu il suo massimo storico) al 34,4% dei voti (superato dalla Dc), record imbattuto ancora oggi per quanto riguarda le elezioni politiche. In tempi più recenti, la coalizione dell’Ulivo arrivò al 38% nel 1996 (ma sommando anche i voti di Rifondazione comunisti) mentre la coalizione ‘Uniti nell’Ulivo’ (Ds+Dl) prese, alle Europee del 2004, il 31,3%. In termini assoluti il Pd ha preso, alle Europee 2014, quasi un milione di voti in meno del Pd di Veltroni nel 2008 e poco meno del Pci ’84 di Berlinguer. Morale: solo la Dc, ma negli anni Cinquanta, riuscì a superare il 40%…

 

Il ‘tonfo’ dell’M5S. La strategia del ‘vaffa’ non paga, anzi: fa paura.

Il Movimento 5 stelle (M5S, 5.792.865 voti assoluti pari al 21,15% e 17 eurodeputati a Bruxelles), rileva ancora il Cattaneo, ha perso un terzo dei propri consensi (-33,4%) rispetto all’exploit delle politiche del 2013 (prima non era presente). La contrazione di consensi è significativa, quasi 3 milioni (-2.898.541 rispetto agli 8.691.406 di voti del 2013, il 25,5%). La ‘stanchezza’ elettorale dell’M5S, il cui risultato lo vede comunque ancora una forza politica rilevante (è il secondo partito in 84 province su 120) appare evidente se si considerano i dati relative alle sue maggiori perdite. Perdite che vengono registrate nelle Isole, dove il partito di Grillo aveva registrato percentuali elevate sia alle Politiche che alle regionali (Sicilia). Dal punto di vista geografico, infatti, la maggiore contrazione si registra nella circoscrizione Isole (-44,4%, con la Sicilia a un eclatante -46,8%) e nel Nord-Est (-37%) mentre è più contenuta nelle regioni del Sud (-23,8%) ma – sempre tornando alla Sicilia – nel 2013 il Movimento viaggiava al 33% contro il Pd al 18% mentre oggi i democratici ribaltano i rapporti di forza: 41,6% contro il 26% dei grillini. A livello nazionale, però, l’M5S resta il secondo partito in 84 province e il terzo in 14 casi. I pentastellati limitano i danni in Campania, lottano fino all’ultimo in Abruzzo sfiorando il 30% (29,7%) contro un Pd vittorioso col 32,4%. Il Movimento tiene anche in Molise dove raccoglie un 27,3% a fronte del 31,2% del Pd mentre in Sardegna riesce a superare quota 30% (30,5%). “Come spesso accade ai movimenti “estremi/radicali” – scrive l’Istituto Cattaneo – a potenti fasi di avanzata spesso segue una fase di assestamento o contrazione dovuta a elementi congiunturali ma anche dalle ‘mancate promesse’ che l’assenza dal governo inevitabilmente genera”. Secondo, invece, l’analisi dei flussi elaborati dall’istituto Swg per SkyTg24 l’M5S registra un saldo nettamente negativo: tre milioni di voti persi dall’anno scorso, 750 mila dei quali vanno ad ingrossare i voti del Pd, 190 mila sono invece gli elettori che avrebbero abbandonato Grillo per la Lega Nord e 13 0mila quelli fuggiti verso i Fratelli d’Italia. Ma la vera emorragia è rappresentata dai 2.150.000 voti finiti nel cestino dell’astensione. Commenta, però, sempre il professor D’Alimonte: “Il partito di Grillo ha preso più voti in valore assoluto del Fronte Nazionale di Marie Le Pen in Francia e dell’Ukip in Gran Bretagna. Ha perso voti, ma non è crollato”.

 

Un centrodestra ‘diviso’ che perde (FI) o non riesce a sfondare (NCD).

Il risultato di Forza Italia alle elezioni europee del 2014 (4.614.364 voti, pari al 16,8% dei voti e 13 europarlamentari contro il 35,3% del Pdl e 29 seggi alle europee del 2009) è, invece, comparabile solo con quello del Pdl per le elezioni politiche del 2013 e con quello delle Europee del 2009. Per rendere la comparazione plausibile e ragionevole politicamente, trattandosi di partiti non presenti in tutte le elezioni considerate (FI; NCD, Fratelli d’Italia oggi rispetto al Pdl+Udc-+La destra di ieri), l’istituto Cattaneo ha proceduto con il confronto tra la somma dei voti a Forza Italia e NCD-UDC per il 2014 e ai voti ricevuti da Pdl e Udc nel passato. Dall’analisi emerge che le forze di centro-destra, guidate da Silvio Berlusconi fino a pochi mesi fa, hanno complessivamente perso il 27% rispetto alle politiche (-2.366.348 rispetto ai 8.171.382 voti validi al centrodestra, 21,6%, del 2013 quando la coalizione era composta da Forza Italia-Udc-altri) e oltre la metà dei consensi avuti alle europee del 2009 (-54,5%). In termini assoluti sono valori eccezionali in negativo. l’area di centro-destra ha perso oltre 2 milioni di voti sul 2013 (-2.366.348) e quasi 7 milioni rispetto al 2009 (-6.966.109), Forza Italia resta però secondo partito in 19 province italiane e terza forza in 84 casi e (altra magra consolazione) sommando tutto il centrodestra arriva al 31%.
Per quanto riguarda i flussi, sempre restando in area berlusconiana il saldo è decisamente negativo. A fronte di 3.640.000 voti confermati, ne vengono ceduti 3.690.000 mentre i nuovi si attestano a 960 mila. Se a febbraio 2013 i cittadini ad aver scelto Berlusconi erano 7.330.000 oggi sono 4.600.000. Seguendo i calcoli di Swg per SkyTg24 nel campo delle “cessioni” la fetta più grossa degli elettori in uscita da Forza Italia è rappresentata dagli astensionisti (1.750.000), seguono 470 mila elettori sedotti dai “cugini” del Nuovo Centrodestra mentre 430 mila fanno il salto dello steccato e passano al Pd. Ma Forza Italia perde anche 410 mila elettori in uscita verso il Movimento 5 Stelle e 340 mila approdati alla Lega, mentre le crocette ex azzurre passate a votare i cugini di Fratelli d’Italia si fermano a 220mila.

Per quel che riguarda l’NCD-UDC-Popolari per l’Italia (in parte presenti), suonano davvero ‘pochini’ quei 1.202.350 voti raccolti pari al 4,4% e tre eurodeputati che, una volta ribaditi i numeri del Pdl (35,3%) del 2009, possono essere comparabili (in negativo) con il 6,5% e 5 seggi dell’Udc. Certo, il Nuovo Centrodestra di Alfano riesce – parlando in termini di flussi elettorali – a inglobare una fetta di elettori berlusconiani e le briciole seminate per strada da Scelta Civica, oltre ai 200 mila voti portati in dote dall’alleato Udc e ai circa 100 mila elettori in uscita dai Cinque Stelle. Un bottino che, però, resta decisamente magro date le premesse della vigilia e che, senza . il contributo dei voti dell’Udc (stimabile nel 1,5-18% almeno), avrebbe impedito a NCD di superare anche solo lo sbarramento del 4%.
L’ottimo risultato della Lega Nord, il vero partito ‘anti-europeista’.
Se è prematuro stabilire se ci sia stato – come pure appare evidente – un ‘effetto Salvini’ sulla Lega Nord (1.390.534 voti pari al 6,2% e sei eurodeputati), in ogni caso il Carroccio ha temporaneamente bloccato l’emorragia di consensi che ne ha messo in discussione la sopravvivenza dal 2011 in poi. Rispetto alle Europee del 2009 (10,2% e nove seggi), il partito guidato da Matteo Salvini manifesta ancora potenti difficoltà, rileva l’istituto bolognese Cattaneo, dato che la contrazione è stata pari a un rilevante -46% dei consensi (- 1.437.825 in voti assoluti). Si tratta, però, del periodo in cui la formazione di Umberto Bossi, sottolinea ancora il Cattaneo, mieteva consensi raggiungendo in alcuni casi dei massimi storici. Viceversa, se si confronta il dato del 2014 con quello più recente del 2013 si evince una crescita in valori assoluti di oltre un quinto (+21,1%) pari a quasi trecentomila unità (+296.022). Nel 2013, infatti, la Lega Nord aveva preso 1.686.556 voti pari al 4,1% (Camera). Trattandosi di un partito a forte connotazione geo-territoriale, spiega il Cattaneo, le maggiori prestazioni della Lega si sono registrate nelle roccaforti dove maggiore era del resto stata l’emorragia di consensi nel 2013, in larga misura appannaggio dell’M5S. Nel Nord Est la progressione è stata pari al 24,8% ma decisamente più contenuta nel Nord Ovest (+5%). Per quanto riguarda i flussi, è il segno più che accompagna, invece, la performance della Lega Nord: rispetto alle scorse politiche conferma 890mila voti del 2013, ne incassa 800mila nuovi cedendone 500mila. Il travaso in favore di via Bellerio arriva per lo più da M5S e Forza Italia. Commenta il professor D’Alimonte: “la Lega ha aumentato voti sia in termini percentuali (+ 2,1%) che in valori assoluti (+300 mila voti)”.

Il leader di Sel Vendola mentre vota alle Europee

Il leader di Sel Vendola mentre vota alle Europee

Il piccolo ‘miracolo’ della lista Tsipras, oltre la ex sinistra radicale.

La lista Tsipras (1.108.457 voti pari al 4,0% e tre europarlamentari inviati a Bruxelles), al pari della Lega Nord, ha registrato un andamento disomogeneo rispetto alle politiche del 2013 e alle europee del 2009. La comparazione, per ragioni metodologiche e ‘politiche’ è stata effettuata dal Cattaneo confrontando L’altra Europa con Tsipras con i voti presi da Sinistra ecologia e libertà di Nichi Vendola (3,1% e zero seggi) e il partito di Rifondazione comunista (peraltro allora unito con il Pdci, 3,4% e zero seggi) alle precedenti consultazioni europee del 2009.
Rispetto al 2013 (1.089.409 voti a Sel e 37 seggi alla Camera dei Deputati pari al 3,2% mentre Rivoluzione civile di Ingroia prese il 2,2% e 0 seggi) viene registrata una lieve inversione di tendenza (+1,3%), non sufficiente però a invertire le dinamiche di contrazione elettorali iniziate già nel 2008 per l’area della cd. ‘sinistra radicale’ (Prc-Pdci-Sel-altri erano sotto il 4%). Rispetto al 2009 la perdita di voti è pari a quasi la metà (-48,8%), ossia a – 1.050.348 di voti. All’interno della dinamica elettorale tra le due consultazioni, nel caso di Tsipras emerge chiaramente – sottolinea il Cattaneo – anche una tendenza di tipo geografico: la lista, infatti, registra incrementi di consensi significativi specialmente nelle regioni del Nord (+26% nel Nord Ovest; +21,6% nel Nord Est), mentre perde quasi il 30% al Sud (-28,8%) e rimane sostanzialmente stabile al Centro e nelle Isole.
Per quanto riguarda i flussi elettorali, L’Altra Europa per Tsipras, oltre ai voti conquistati dal Pd, può contare sugli oltre 400 mila voti del portafoglio di Sinistra Ecologia e Libertà, i 200 mila di Rivoluzione Civile (guidata, alle Politiche del 2013, dall’ex magistrato Antonio Ingroia) ma anche un tesoretto di 120 mila elettori che hanno abbandonato l’M5S. Infine, se si confrontano i risultati della lista Tsipras con quelli ottenuti alle europee del 2009 da Sel e Rifondazione Comunista la perdita di voti è pari a quasi la metà (-48%,8%), che – tradotto in numeri – fa – 1.050.348. In ogni caso, un piccolo ‘miracolo’ quello della lista Tsipras che in campagna elettorale si è fatta sentire poco e male, ma che ora, invece, c’è.

La debacle di Scelta Europea (ex lista Monti), destinata a scomparire. Hanno, infine, davvero del clamoroso i dati – un vero abisso e picco in negativo difficilmente paragonabile a precedenti tonfi illustri nella storia degli andamenti elettorali dei partiti italiani – della lista Scelta Europea, composta da Scelta civica (ex lista Monti alle elezioni Politiche del 2013), Centro democratico, la piccola formazione guidata da Tabacci e Pisicchio, e la lista (presente alle Politiche come Cd) di ‘Fare per fermare il declino’. Appena 196.157 voti racimolati alle Europee (0,7% e zero seggi, ovvio), meno della lista dei Verdi-Green Europa (0,9%)e pari al risultato dell’Idv, un saldo negativo, rispetto alle Politiche del 2013, di ben -3.335.380 voti, quando la lista Monti da sola (a prescindere dalla coalizione con Udc e Fli) prese (dati Camera) 2.824.065 voti pari all’8,3%. Una debacle clamorosa.
NB. Questo articolo è stato pubblicato il 27 maggio 2014 sul sito della Fondazione Europa Popolare ( il sito della Fondazione Europa Popolare) e delll’MCL.
Il sito dell’istituto di ricerca politica ‘Cattaneo’ di Bologna
il sito dell’istituto di sondaggi e flussi elettorali Swg di Trieste
Il sito del Centro Italiano Studi Eelettorali (CISE) dell’univ. Luiss di Roma