«Chi sa parli, chi ha sbagliato paghi». Renzi prepara un’altra rottamazione, quella sulla corruzione ma all’interno del suo partito

«Chi sa parli, chi ha sbagliato paghi». Renzi prepara un’altra rottamazione, quella sulla corruzione ma all’interno del suo partito

15 Giugno 2014 1 Di Ettore Maria Colombo

«CHI, tra noi, sa, parli». O meglio, per riportare le esatte parole pronunciate dal premier e segretario del Pd nel corso del suo intervento pronunciato ieri mattina davanti ai mille delegati dell’Assemblea nazionale democrat, «se qualcuno di noi, nelle vicende in corso, ha informazioni o notizie di reato…

ROMA. CHI, tra noi, sa, parli». O meglio, per riportare le esatte parole pronunciate dal premier e segretario del Pd nel corso del suo intervento pronunciato ieri mattina davanti ai mille delegati dell’Assemblea nazionale democrat, «se qualcuno di noi, nelle vicende in corso, ha informazioni o notizie di reato, vi prego, per rispetto dei nostri militanti, salga i gradini del palazzo di giustizia e vada a raccontare tutto ai magistrati». Le dice con tono grave, e accorato, queste parole, Matteo Renzi, che poi aggiunge: «Non è ansia di giustizialismo perché il Pd è garantista, non ci sta a perdere la faccia, e sul tema della giustizia può camminare a testa alta, ma — insiste il premier — per rispetto dei volontari delle Feste dell’Unità, dei militanti, chi sa, parli».

APPLAUSI, ovviamente, e scroscianti, da parte della platea, tra big e peones, ma non appena Renzi finisce di parlare scatta subito il ‘gioco’ dei nomi. Insomma, con chi ce l’aveva, ‘Matteo’? Un nome (e cognome) corre di bocca in bocca, tra i delegati e, soprattutto, tra i renziani che contano: quello di Davide Zoggia.

INFATTI, l’ex sindaco di Jesolo ed ex presidente della Provincia di Venezia, ma soprattutto ex dominus del Pd veneto e, nel Pd di Bersani prima ed Epifani poi, responsabile dell’area Organizzazione, è finito prima nel mirino dei magistrati che indagano le tangenti sul Mose, poi dell’ex sindaco di Venezia, Giorgio Orsoni (le cui immediate dimissioni lo stesso Renzi ha preteso in poche ore e come una vera furia), che lo ha tirato in ballo apertamente, e, infine, del suo stesso partito. Ala renziana, si capisce. Il segretario regionale, Roger De Menech, con piglio da Terrore giacobino, e la deputata veneta Simonetta Rubinato hanno già chiesto, da giorni, la sua ‘testa’. Da ieri, la sorte di Zoggia sembra segnata. «Matteo parlava a Zoggia», ripetono, in un conciliabolo tra loro, i renziani. Si vedrà come e se Zoggia si sentirà ‘investito’ dalle parole del premier, ma certo è che Renzi è a dir poco ‘imbufalito’ perché vede il Pd coinvolto nelle inchieste di nuove Tangentopoli, nella questione morale, e non ci sta.
«QUESTO che vien fuori è il marcio di un ‘altro’ Pd, un Pd con cui io non c’entro nulla», sbotta coi suoi fedelissimi. «Il ‘mio’ Pd — continua Renzi — ha le carte in regola: abbiamo dato veri, super-poteri, a Cantone (nel cdm di venerdì e, ieri, tra il plauso di mezzo Parlamento, Forza Italia compresa, ndr.), abbiamo fatto votare al gruppo alla Camera l’arresto di Genovese in un amen, abbiamo rinnovato quadri e gruppi dirigenti dappertutto o quasi». Insomma, proprio come per i conti trovati ‘in disordine’ che ha scoperto il nuovo tesoriere, Francesco Bonifazi (10 milioni e più di rosso da tagliare), Renzi sottintende che la ‘colpa’, in entrambi i casi, è della vecchia gestione. Quella di Bersani (non di Epifani, incolpevole) e della sua vecchia ‘Ditta’, per non parlare della filiera Pci-Pds-Ds che passa per casa di Ugo Sposetti, ormai sceso in guerra aperta con il nuovo Pd tanto da disdettarne gli affitti. Solo che queste, pesanti, accuse Renzi non le può o vuole ancora fare, almeno non con nomi e cognomi, ma anche qui il redde rationem è vicino.


NB. Questo articolo e’ stato pubblicato domenica 15 giugno sulle pagine di politica di Quotidiano Nazionale


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