Riforme in ostaggio della palude tra partiti spaccati e voglia di urne. A rischio il ddl Boschi: si vota da martedì

26 Luglio 2014 0 Di Ettore Maria Colombo

La ‘Gaza’ italiana, come la definirebbero i senatori pentastellati, e cioè l’aula di palazzo Madama, ieri ha vissuto un giorno di tregua

Pietro Grasso, ex presidente del Senato

Pietro Grasso, ex presidente del Senato

In effetti, al di là del paragone improponibile (quello con Gaza), tra gli austeri saloni del Senato ieri non è successo (quasi) nulla. Il presidente del Senato, Pietro Grasso, parlando alla cerimonia del Ventaglio organizzata dall’Asp (Stampa parlamentare) si è tolto diversi sassolini dalla scarpa.

Tra battute (“A furia di tirarmi per la giacca non ne ho più” e “resto un giudice imparziale”), citazioni (di don Milani) e repliche puntute (“Ho ammesso il voto segreto a norma di Regolamento” e “non ho introdotto ‘tagliole’, ma il contingentamento dei tempi, è diverso”, il che, peraltro, è vero), ma al Senato, si respirava aria da ‘per fortuna oggi è venerdì’. E non è stato neppure il ddl Boschi, a tenere banco, ma il dl competitività.
Il Senato deve, infatti, approvare ‘4 decreti 4’ che altrimenti ‘scadono’, come il latte. In mattinata, il ‘competitività’ è passato con (tutte) le opposizioni (M5S, ex-M5S, Sel, Gal, Lega) assenti. Disertano l’aula, si sa, perché, dicono, è “morta la democrazia”. Il dl è passato, ma lo score finale sul tabellone rosso (159 sì, un no e il numero legale, stabilito a 147, acciuffato per un soffio e solo alla fine) è suonato subito sinistro, a palazzo Chigi. Senza i voti dei cinque ministri-senatori, tutti precettati, il governo non ce l’avrebbe fatta, ma comunque resta abbondamente sotto ‘quota’ 169 (agguantata il giorno della fiducia del governo Renzi) causa ben dieci (10) senatori della maggioranza ‘assenti’ per – si capisce – altri e ‘improrogabili’ impegni….

E mentre nell’Ncd si esaltano (“Senza i nostri voti il dl non passava!”, garriva Maurizio Sacconi), i democrat sono sempre più tesi e nervosi. E’ chiaro che ‘i numeri’ non ci sono – e difficilmente ci saranno – anche sul ddl Boschi, il cui esame riprenderà martedì con una raffica di voti segreti che potrebbero mettere a rischio Renzi e pure il ‘patto del Nazareno’. Il ventre molle, infatti, non sta tra i dissidenti democrat (alla fine resteranno in cinque/sei, massimo, gli ‘irriducibili’: Chiti, Mineo, Corsini, Mucchetti, Micheloni), ma tra quelli in casacca azzurra.

Tra duri e puri alla Minzolini-Bonfrisco, fedelissimi di Fitto (e di Cosentino), senatori calabri, campani e siculi ognuno di cui ha più di un motivo per avercela con Berlusconi (e Verdini), la ‘faglia’ del dissenso potrebbe sfiorare le quindici unità. Una vecchia volpe come Paolo Naccarato (ex cossighiano, ex Pdl, ora anche ex Ncd) la mette così: “Al primo voto segreto, il governo va sotto. Forza Italia si sta sciogliendo come neve al sole, l’Ncd è fatto di tanti micro-partiti l’un contro l’altro armati, i dissidenti spunteranno come funghi in FI, NCD, Popolari per l’Italia, Autonomie-Psi”.

Morale: il ‘bagno di sangue’ è alle porte e anche per questo la ‘voglia’ di andare a votare cresce, tra i fedelissimi del premier. Ieri, Renzi è stato protagonista di un durissimo botta e risposta con Grillo (“Non è un colpo di stato, ma un colpo di sole”, il suo twett, cui Grillo ha risposto: “Non un colpo di sole, ma un colpo di P2”), ma con chi ce l’ha si sa. Le ‘burocrazie’ di Camera e Senato, i loro due presidenti e, sopratttuo, la minoranza interna del Pd che, come Grillo, bolla lo scenario delle urne anticipate “una pistola scarica”, come dice uno che Renzi letteralmente ‘detesta’, il bersaniano Alfredo D’Attorre (peraltro deputato). Se la pistola è scarica, però, si vedrà presto.


NB. Questo articolo è stato pubblicato il 26 luglio 2014 sulle pagine nazionali di Politica di Quotidiano Nazionale