Il ‘Grande Gioco’ del Quirinale/1. Numeri, composizione e maggioranze possibili (ma teoriche) tra i ‘Grandi elettori’

3 Dicembre 2014 0 Di Ettore Maria Colombo

Iniziamo anche noi il ‘Grande Gioco’ per eccellenza della politica italiana, quello che riguarda il toto-Quirinale. Ma non partendo dai nomi, bensì dai numeri. Quelli dei cosidetti ‘Grandi Elettori’. 

I tempi delle dimissioni di Napolitano

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Giorgio Napolitano nel suo studio al Quirinale

Giorgio Napolitano ha annunciato formalmente, con una nota del suo ufficio stampa, che resterà in carica fino al 31 dicembre 2014. A partire da gennaio, ogni giorno sarà buono per le sue dimissioni. Ma considerando che le festività natalizie, comprese quelle dei parlamentari, andranno avanti fino alla ripresa del 7 gennaio 2015 e che il presidente ha comunicato ai presidenti di Camera e Senato che non prenderà parta alla Giornata della Memoria (27 gennaio), la data delle sue dimissioni resta compresa in due settimane, quelle che vanno dal 12 (un lunedì) al 26 gennaio (sempre lunedì). Da quel giorno, assumerà i poteri di Capo provvisorio dello Stato il presidente del Senato Pietro Grasso che, entro quindici giorni, convocherà il Parlamento in seduta comune per eleggere il nuovo Presidente della Repubblica. Iniziamo, dunque, ad affrontare la questione del ‘toto-Quirinale’ con una serie di articoli, partendo dalla nuova platea che eleggerà il nuovo Capo dello Stato.
I numeri dei Grandi Elettori. La composizione del collegio speciale che lo eleggerà è questa: 1.009 ‘grandi elettori’. Il numero viene dalla somma dei 630 deputati e dei 315 senatori eletti, sei senatori a vita (i quattro già nominati da Napolitano: Abbado, Rubbia, Piano e Cattaneo, Ciampi, già in carica da quando finì il suo incarico e, appunto, lo stesso Napolitano) e 58 delegati nominati dalle 20 regioni italiane (ogni regione ne ha tre, tranne la Valle d’Aosta che ne ha uno). Il quorum per eleggere il Capo dello Stato è fissato in Costituzione: maggioranza di due terzi nei primi tre scrutini (672 voti) e maggioranza semplice a partire dalla quarto scrutinio in poi (505).
Napolitano venne eletto, il 23 aprile 2013, con 738 voti su 997 votanti e 1007 aventi diritto. Ma il Parlamento è molto cambiato, in un anno, dal punto di vista della composizione dei numeri. Vediamo come. Il gruppo del Pd è quello cresciuto più di tutti, salendo da 430 delegati a 446 delegati: da 108 a 109 senatori e da 203 a 307 deputati. Poi ha conquistato molti delegati regionali, strappando al centrodestra cinque regioni (Abruzzo, Calabria, Piemonte, Sardegna, Friuli) conquistando cinque delegati in più. Il gruppo di Forza Italia è passato dai 211 delegati dell’allora Pdl ai 143 attuali: 60 senatori, 70 deputati e 13 delegati regionali. Un altro gruppo che è a dir poco collassato è quello dei Cinque Stelle. Da 162 delegati l’M5S è sceso a 141 così ripartiti: 102 deputati (-7) e 39 senatori (-15). Terremoti evidenti anche nei gruppi minori. Scelta civica, che aveva 69 delegati, si è frantumata: 33 i delegati attuali mentre sono 28 quelli del gruppo Popolari per l’Italia. Qui va registrata un altra novità. Il gruppo di Ncd, nato dalla scissione del Pdl, ha 63 delegati (31 deputati e 27 senatori) ma ha appena annunciato la fusione con il gruppo dell’Udc e di Per l’Italia. Sta per nascere un gruppone centrista (Area popolare) che potrà contare sui sette senatori e 19 deputati di Per l’Italia, anche se almeno una decina di questi ultimi, specie alla Camera, non li seguiranno nel nuovo gruppo. Area Popolare potrà comunque contare su almeno 80 delegati, considerando solo i deputati (10) e i senatori (tre) dell’Udc. Poi ci sono i 15 senatori del gruppo GaL (+5 grazie all’apporto di tre ex Popolari e di due trasfughi da Lega e Ncd), presente solo al Senato e molto vicino a Forza Italia. I 28 delegati del gruppo Autonomie-Estero-Psi, sono vicini al governo, i 28 deputati del gruppo Misto alla Camera (quattro Estero-Maie, nove non iscritti ad alcuna componente, sei del Psi-Pli, cinque delle minoranze linguistiche), a loro volta vicini alla maggioranza, i 13 iscritti al gruppo Maie-Psi-Autonomie del Senato e i 24 iscritti al gruppo Misto del Senato. Qui va fatta un’ulteriore precisione: dentro il Misto al Senato sono 7 i senatori di SeL e 14 gli ex grillini fuoriusciti dall’M5S (19 in totale con i 5 deputati). Infine, vi sono i gruppi di opposizione. La Lega Nord ha 39 delegati, Fratelli d’Italia nove, SeL 34 (7 senatori e 26 deputati).
Le possibili maggioranze. La maggioranza che regge il governo avrebbe, sulla carta, i numeri per eleggersi il nuovo Presidente della Repubblica da sola. Infatti, sommando i delegati di Pd (446), Ncd-Udc (80), Autonomie-Psi (23), Sc (33) di Camera e Senato, si ottiene la ragguardevole cifra di 582 voti, ben superiore, dal IV scrutino in poi, alla maggioranza semplice (505). Il patto del Nazareno nella sua versione più stretta (Pd+FI) ha, sempre sulla carta, 589 voti (446 del Pd e 143 di FI), ma sconta, come tutti i calcoli precedenti, la molto concreta fronda di almeno un centinaio di ribelli di entrambi i partiti. Così divisi: una sessantina di deputati e senatori della minoranza dem più dura (i 34 voti contrari sul Jobs Act alla Camera e circa trenta senatori) e i 34 parlamentari vicini a Fitto, che potrebbero arrivare fino a 40. Certo, un accordo ‘largo’ sul nome del successore di Napolitano, che vada dalla maggioranza di governo (582 voti) più FI-Gal (158) arriverebbe all’astronomica cifra di 740 voti, rendendo possibile l’elezione del nuovo Presidente addirittura nei primi tre scrutini. Un’ipotesi che, però, con un Parlamento ‘balcanizzato’ come quello attuale è difficilmente prospettabile, anche se auspicabile.
Nb. Questo articolo è’ stato pubblicato sul Blog che curo per Quotidano.net (http://www.quotidiano.net), sezione ‘I giardinetti di Montecitorio’.