BuonaScuola nel marasma: Renzi torna indietro sul ddl (“Troppi emendamenti, rimandiamo tutto”), poi fugge in avanti (“tre giorni per approvarla”), poi… Caos nel Pd.

17 Giugno 2015 0 Di Ettore Maria Colombo
Interno dell'aula di palazzo Montecitorio.

Interno dell’aula di palazzo Madama.

La ‘buona scuola’, e cioè il ddl scuola ora all’esame del Senato, si prende una (lunga) pausa di riflessione? Forse. Il pit-stop, con in mezzo una grande assemblea di discussione sul tema, ci sarà ‘se’… Renzi in un primo momento questo annuncia, da Vespa. Poi, però, in tarda serata, fa dare “i tre giorni” alla minoranza Pd che – dice – “ha seppellito la riforma sotto una valanga di emendamenti”. “Se la minoranza lavorerà – spiegano, in serata, fonti di palazzo Chigi – per togliere o ridurre gli emendamenti in commissione e consentire alla riforma della scuola di essere approvata nei tempi stretti che ci sono (a fine luglio l’ esame definitivo, alla Camera, ndr.), si può procedere con tutto il piano, assunzioni comprese. Altrimenti, il rischio è che non ci siano più i tempi utili per farla e che si rinvii tutto”, concludono le fonti ‘accreditate’ di Pd e Chigi.

Eppure, a metà pomeriggio, intervistato da Bruno Vespa per una puntata di Porta a Porta che andrà in onda in serata, ma che viene anticipata dalle agenzie, Renzi aveva presentato tutt’altro ‘piano’. “Quest’anno con 3 mila emendamenti mi pare difficile che si assumano i precari. Si andrà al prossimo anno”, aveva detto il premier parlando delle assunzioni degli insegnanti precari. E siccome le 100 mila assunzioni sono la spina dorsale del ddl, andrebbe da sé che a slittare di mesi, o di un anno, sarebbe l’intera riforma. Motivo: i tempi ormai troppo stretti e i troppi problemi.

“Si terrà una conferenza nazionale di un giorno ai primi di luglio, coinvolgendo sindacati, studenti, famiglie, chi vuol essere assunto: presentiamo la nostra proposta, ma poi si chiude”, dice il premier, e le assunzioni “immagino partiranno dal 2016”. Ecco, i posti. “La #buonascuola prevede centomila prof in più, organico funzionale e più soldi. Noi ci siamo. Spero anche gli altri”, rincara, via Twitter, il premier sul punto che le opposizioni – di destra come di sinistra – gli rimproverano subito: l’infornata di assunzioni già promesse.

Eppure, la nuova linea maturata dal ‘Renzi uno’ (o ‘Renzi due’?) e annunciata a Porta a Porta (Rai 1), una sua ratio ce l’aveva anche. Infatti, ieri, tra un impegno a palazzo Chigi e uno a Montecitorio per la – scontatissima, invero – elezione di Ettore Rosato a nuovo capogruppo dem alla Camera, il premier aveva sciolto il dilemma che lo attanagliava da lunedì, dai disastrosi risultati ai ballottaggi. Renzi, riunito il suo ‘gabinetto di guerra’ (Boschi, Lotti, Guerini, non certo la Giannini, il cui posto torna di nuovo a ballare), aveva la necessità di trasformare il ddl scuola (impantanato al Senato) nel provvedimento che avrebbe deciso le sorti della legislatura o ritirarlo per evitare l’incidente finale. SeL, al Senato, infatti, ha un emendamento all’art. 10 del ddl scuola che ‘minaccia’ di rendere effettive ‘tutte’ le assunzioni, via stralcio. E la minoranza dem al Senato (22 senatori, tra cui, in commissione Scuola, Mineo, Tocci, ma anche il senatore a vita Rubbia) era già pronta ad appoggiarlo. Morale: il governo va sotto, addio riforma e, forse, addio governo. Il ‘Renzi 1’ (o ‘Renzi 2’?) ha pensato che va bene ‘avanti tutta’, ma ogni tanto conviene fare come i bisonti: ‘scartare di lato’. Oggi, invece, spunta un’altra idea ancora: il decreto-legge.

NB. Questo articolo è stato pubblicato il 17 giugno 2015 a pagina 2 del Quotidiano Nazionale.