Due pezzulli ‘antipatici’. 1) La Giannini e Faraone, nel Pd, non li sopporta più nessuno (recente). 2) Renzi e Orfini ai ferri corti per colpa di Marino (meno recente)

22 Giugno 2015 0 Di Ettore Maria Colombo

Primo ‘corsivo’ o ‘frusta’ (pubblicato su QN il 21 giugno 2015)

Giannini e Faraone: disastro e vicedisastro (pure per il premier e i deputati del Pd…)

Un imberbe e giovane Matteo Renzi partecipa alla Ruota della Fortuna di Mike Bongiorno

Un imberbe e giovane Matteo Renzi partecipa alla Ruota della Fortuna di Mike Bongiorno

La ministra Stefania Giannini è una donna sola. Sola non vuol dire single: è sposata con Luca Rossello, manager e suo coetaneo, come la lodava/imbrodava tempo fa Panorama. No, è sola politicamente. Renzi non la ama, tanto che avrebbe voluto deporla (cioè sostituirla) mesi fa e potrebbe farlo presto, se si farà il rimpasto di governo. Il premier la giudica «debole, indecisa a tutto, fragile». Poi, nel Pd, la Giannini la ritengono un disastro tutti, deputati/e. Certo, non potendo attaccare Renzi e i suoi «contr’ordine, compagni!», sul ddl scuola, i piddini, che non son certo dei cuor di leone, se la prendono con lei. Resta che, quando viene alla Camera, a stento la salutano, i deputati: con lei si fa vedere solo il suo (sveglio) portavoce. Va assai peggio, però, al sottosegretario della Giannini, Davide Faraone: Renzi lo ritiene il «vice-disastro» della ministra e, pare, sarà sostituito a sua volta. La differenza è che Faraone, per molti deputati del Pd, è anche – a differenza della sua ministra – «assai antipatico».
EMC
Secondo corsivo o ‘frusta’ (pubblicato su QN il 18 giugno 2015)
Renzi e Orfini ai ferri corti a causa del ‘marziano’ sindaco di Roma, Ignazio Marino. 

Il presidente dell'assemblea nazionale Pd, Matteo Orfini, area dei 'Giovani Turchi'.

Il presidente dell’assemblea nazionale Pd, Matteo Orfini, area dei ‘Giovani Turchi’.

I ‘deu Mattei’ non vanno più d’amore e d’accordo, come fino a poco tempo fa (dalla destituzione di Letta in poi,  almeno, operazione cui Orfini contribuì in modo cospicuo). Il premier e segretario del Pd, Matteo Renzi, e il presidente del Pd, nonché commissario straordinario del Pd romano, Matteo Orfini, infatti, avrebbero litigato, e anche ‘di brutto’. Oggetto del contendere: il futuro di Roma o, meglio, il destino della giunta guidata da Ignazio Marino. Il premier non ama l’attuale sindaco della Capitale, il ‘marziano’ Marino: questo, ormai, lo sanno pure i gatti di Roma e i sassi dei Palazzi. Orfini, invece, lo difende a spada tratta. Ieri, presentando la Festa dell’Unità di Roma, scuro in volto ha detto: “Marino (e Zingaretti) sono un baluardo antimafia. Stiamo fronteggiando una campagna contro destra e M5S. Le dimissioni? Richiesta ir-ri-ce-vi-bi-le”. Il dietro le quinte è che lo ‘strappo’ tra i ‘due Mattei’ sarebbe stato assai ruvido, a tratti drammatico. Orfini avrebbe detto ‘e questa è casa mia, e qui comando io’ (cioè Roma, dove Orfini è nato e cresciuto politicamente: dalemiano prima, bersaniano poi, renziano infine), naturalmente non con queste parole, e soprattutto: “Tu non mi puoi scavalcare e fare quello che vuoi!”. Renzi avrebbe risposto ‘alla Renzi’: “si fa come dico io, punto!”. Il guaio è che Renzi non vede l’ora che Marino sloggi, dal Campidoglio. Lo ritiene “incapace, inadeguato e pure ridicolo”. L’idea di Renzi e dei suoi sarebbe, dato che il commissariamento di fatto della città, in vista del Giubileo, è già in mano al prefetto Gabrielli, far recuperare smalto e immagine alla città, scavallare l’estate e, subito dopo, sfiduciare Marino in aula, togliendogli l’appoggio del Pd (non a caso due assessori renziani: Improta e Scozzese, sono sulla via delle dimissioni dalla giunta capitolina). Obiettivo finale: abbinare le elezioni (anticipate) di Roma alla prossima tornata di comunali che si terranno in alcune città chiave (Milano, Torino, Napoli e, forse, anche Bologna) nella primavera dell’anno prossimo, il 2016 (prima è impossibile, e per legge, provare a farle). L’unico candidato del Pd sarebbe, a quel punto, non l’oggetto dei desideri, Bianca Berlingure, ma Roberto Giachetti. Vicepresidente della Camera, renzianissimo sì, ma ‘romano de’ Roma’, “coatto” il giusto, semplice, diretto, rapido, Giachetti è, per Renzi, l’ultima speranza, mentre per Orfini una iattura. E pure un concorrente: si dice, che Orfini coltiverebbe, a sua volta, il sogno di candidarsi sindaco. In ogni caso, Hannibal ad portas. Solo che oggi, Annibale, a Roma, ha un nome genovese, non cartaginese: Beppe Grillo.

EMC