Renzi va, a sorpresa, alla festa del Pd. Nel frattempo, verdiniani ed ex socialisti ‘pensano’ di affratellarsi con il ‘Partito della Nazione’

28 Luglio 2015 0 Di Ettore Maria Colombo

ARRIVA a sorpresa il premier Matteo Renzi alla festa dell’Unità di Roma (del Pd, cioè) per rassicurare i militanti che Verdini non entrerà mai nel partito, per sondare le opinioni sul sindaco Marino e parlare di flessibilità in uscita per le pensioni

Gioca a biliardino in squadra con il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Luca Lotti, e ‘contro’ la coppia Matteo Orfini, commissario del Pd a Roma e presidente del partito, e Luciano Nobile, giovane renziano romano che lavora all’Organizzazione centrale del partito. Parla con qualche militante, ma non con i giornalisti, scambia battute e sorrisi, sotto i flash dei fotografi, e poco più. In questo modo, evita di dover presenziare, stasera, al dibattito preannunciato che doveva avere lui stesso, il premier, come protagonista unico, dribblando, di fatto, anche eventuali domande scomode sul caso Marino e su molto altro. Verdini e verdiniani in testa, anche se il premier assicura: “Verdini non entrerà nel Pd”.
Ecco, Verdini e i verdiniani, ma anche gli altri pezzi – sparsi – del centrodestra che ‘guarda’ al Pd di Renzi e, soprattutto, al Partito della Nazione sono in pieno, attivo, fermento.  Domani, mercoledì 30 luglio, sarà infatti un giorno importante per il futuro di un pezzo minoritario, ma non ‘minore’, almeno sul piano dell’elaborazione politica e culturale, di un centrodestra tutto particolare. Quello che, appunto, rovesciando l’ordine degli addendi rispetto al famoso adagio degasperiano sulla Dc («Partito di centro che guarda a sinistra»), non vuole ‘cambiare il prodotto finale’: far parte integrante e autorevole di un centrosinistra che – sperano loro – ‘guardi’ a destra e non più a sinistra. Una galassia, quella di cui parliamo, formata da partiti, movimenti, aree che, dal centrodestra, dove ora si trovano, guardano al Pd. O, meglio ancora, al «partito della Nazione» dell’attuale premier.
Infatti, mentre al Senato Denis Verdini presenta il suo progetto politico («Azione liberal-popolare», sede in quella vecchia del Psdi di Saragat, ma pure di Nicolazzi e Longo…), al teatro Capranichetta  di piazza Montecitorio l’associazione ReL («Riformismo è Libertà»), fondata dall’ex socialista, oltre che ex Pdl ed ex FI (come Verdini), oltre che (attuale) presidente della commissione Esteri della Camera, Fabrizio Cicchitto, organizza un convegno dal titolo assai esplicito: «Il governo Renzi. Perché sostenerlo, cosa deve cambiare». Interverranno diversi esponenti politici centristi: l’Udc Ferdnando Adornato, il ministro Beatrice Lorenzin, l’ex ministro Maurizio Lupi, il (forse) prossimo ministro Gaetano Quagliariello, il presidente dell’Ncd al Senato, Renato Schifani, e deputati Ncd «pro-Renzi» ma anche, fieramente, ex Psi, come Sergio Pizzolante. Che cosa lega i due eventi? Un sottile fil rouge (rosso garofano acceso, in questo caso): la convinzione che, fuori o dentro l’Ncd di Alfano, l’Udc di Casini, l’Azione liberal-popolare di Verdini e altri pezzi sparsi (e impazziti) del centrodestra, oggi l’unica speranza riformatrice – quella che già ne infiammò gli animi quando, un po’ più giovani e meno canuti, militavano nel Psi di Craxi o nella Dc del «Preambolo» nel bel mezzo degli anni Ottanta – è riconoscersi in Renzi e tifare per lui.
NEL suo progetto di governo e schieramento politico con il Pd al centro e (pochi) partiti «satelliti» intorno, cioè. Proprio come faceva la Dc d’antan (non il Psi, però, che tale schema – quadripartito o pentapartito che fosse – subiva). Mollando ‘definitivamente’, iniziano a dire ormai apertis verbis questi «ex» socialisti e diccì, il centrodestra attuale, che abbia il volto truce di Matteo Salvini o il fascino decadente del Cavaliere. Stabilito che uno come Casini ha già deciso dove stare (con Renzi), resta solo da capire cosa voglia fare, da grande, il presunto leader di quel che resta dell’Ncd, il ministro Angelino Alfano. Per il resto, come già diceva Antonello Venditti in una nota canzone, gli amori – come quelli dei socialisti ieri per Craxi e oggi per Renzi – “fanno dei grandi giri, ma poi ritornano”.


NB. Questo articolo è stato pubblicato il 28 luglio 2015 a pagina 5 del Quotidiano Nazionale