In onore di Carlotta e Horace che oggi hanno salvato dei profughi a Kos. E contro gli indifferenti e i razzisti di tutto il Mondo
11 Agosto 2015 0 Di Ettore Maria Colombo“Ama il tuo prossimo. No, non questo, il prossimo!” (Alexander Dumas)
“Io odio gli indifferenti”(Antonio Gramsci)
Mentre noi ce ne stiamo comodi nelle nostre tiepide case (e non importa se qualcuno di noi lavora anche d’estate, anche a Ferragosto, o non può fare vacanza e si rifugia da mammà o si va sballando al mare di Puglia o guarda le stelle cadenti a Honolulu), c’è chi ritiene che, anche quando si sta o si è o si va in vacanza, si resta cittadini. Cittadini di un Paese industrializzato, e dunque ricco, settima o ottava potenza del mondo (e pace e amen se non proprio le cose vanno benissimo, da noi, in Italia: viveteci voi, in Africa, sotto le guerre, la fame, le carestie, o in Medio Oriente), cittadini di un Europa che si presume liberale, tollerante, consapevole (e non è), cittadini di un Mondo che, quello sì, si vorrebbe libero, aperto, democratico. Bene. Carlotta Dazzi – figlia di Michela Dazzi, giornalista e scrittrice, e di Bruno Ambrosi, giornalista e conduttore tv, scomparso un anno fa – era in vacanza con suo marito, Horace, marinaio provetto, e i loro due bellissimi figli, di 9 e 11 anni, in barca a vela perché Carlotta e Horace sono due amanti del mare, come i loro genitori furono e come i loro figli saranno. A loro è venuto ‘normale’, ‘semplice’, ‘immediato’, aiutare vecchi e bambini, madri e figli, uomini e donne disperati che sbarcavano in spiaggia nell’isola di Kos (dove pure io sono stato, tanti anni fa: è, o meglio era, un paradiso). Invece, a tutti gli altri, come si vede dalle foto pubblicate dal Corriere.it e da molti altri giornali non è proprio venuto in mente: continuavano sereni, un po’ infastiditi, ‘macari’, direbbe il commissario Montalbano, la loro vacanza, mentre persone come loro ma vestite diversamente da loro, denutrite o malnutrite, decisamente meno belle e charmant di loro chiedevano aiuto, disperate. Succede, si dirà, è la vita. Esiste l’omicidio, il matricidio, l’infanticidio, lo stupro, l’Olocausto, potrà ben esistere l’Indifferenza. E, anche, la Noia, quella che non ti fa vedere nulla, accanto a te, che non sia Tu. Cosa hanno fatto, di tanto straordinario, Carlotta e Horace, invece di adeguarsi alla Massa Informe e Annoiata, prima ancora che Intollerante e Razzista, che riempie e abita il Mondo? Nulla. Un piccolo gesto, una goccia nel Gran Mare. Quello dell’Indifferenza, dell’Ignoranza, dell’Arroganza, del Razzismo, dell’Egoismo. Dovrebbero ricevere una medaglia, per questo? Macché. Riprenderanno la loro vita e i loro figli cresceranno belli, alti, forti e consapevoli, come sono già, di un Mondo come dovrebbe e potrebbe essere e non di come è. Io, per parte mia, sono solo felice, ma molto felice, di potermi fregiare del titolo di loro amico e compagno.
Ciao Carlotta, Ciao Horace, buon mare. Ettore
Sommario
Da ‘Corriere.it’ dell’11 agosto 2015 – articolo di Antonio Castaldo
IN UN ISOLOTTO NEI PRESSI DI KOS
Grecia, migranti soccorsi da una barca di turisti italiani
«Urla di bambini nella notte». E la vacanza diventa un’operazione di soccorso Il racconto di Carlotta Dazzi: «Abbiamo aiutato 45 migranti, undici erano bimbi piccoli»
http://www.corriere.it/cronache/15_agosto_10/grecia-migranti-soccorsi-una-barca-turisti-italiani-a76be34e-3f71-11e5-9e04-ae44b08d59fb.shtml
Il medaglione della luna, il silenzio del mare e il lento cullare di onde tranquille. Sono le quattro. A bordo di un 12 metri cabinato la famiglia di Carlotta Dazzi, marito e due biondi marinaretti di 9 e 11 anni, riposa dopo una giornata di vela. Alla fonda nella rada di Ormos Vathi, a sud di Pserimos (isoletta a uno sputo da Kos, arcipelago del Dodecaneso, Egeo orientale) ci sono una decina di barche di varie nazionalità, gente in vacanza che a quell’ora dorme. «Sono state le urla dei bambini a svegliarci», racconta Carlotta Dazzi, giornalista ed istruttrice di vela. «Subito sono schizzata in pozzetto perché ho capito cosa stava succedendo. Non si vedeva un cavolo, buio pesto. Solo lamenti infantili, che sentivamo a poche decine di metri da noi, vicino agli scogli». Carlotta è scesa in mare, su un gommoncino a remi: «Ci siamo avvicinati per farli arrivare in spiaggia in modo sicuro, altrimenti avrebbero dovuto arrampicarsi sulla scogliera, sarebbe stato molto pericoloso, soprattutto perché c’erano tanti bambini». Ad uno, ad uno, tutti o quasi i migranti sono stati accompagnati nella vicina spiaggetta. «Erano circa 45 siriani, tra cui 11 bambini di cui la maggior parte molto piccoli. Un sei o sette giovani madri, un anziano signore con stampelle e un femore malconcio, sua moglie e tanti ragazzi, molti minorenni sicuramente».
Girare la testa dall’altra parte
In questi giorni di emergenza, con l’arrivo di migliaia di profughi ogni mattina sulle spiagge della Grecia, non è raro assistere allo spettacolo straniante di bagnanti stesi al sole mentre in spiaggia sbarcano falangi di disperati. «Nella stessa giornata di sabato – conclude Carlotta – oltre ai siriani che ho aiutato in prima persona, sono sbarcati almeno altri trenta migranti, forse imbarcati su altri gommoni. Alcuni avevano camminato 10 ore sui monti dell’isola prima di riuscire ad orientarsi. Mi hanno raccontato di essere partiti da Bodrum, sulla costa turca, a 23 chilometri di distanza. E per questo breve viaggio hanno pagato alla mafia turca 1300 dollari a testa. Quanto si spende per un’intera vacanza in Grecia».
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