L’intervista. Parla il senatore Paolo Naccarato: “Faremo la fine dei tacchini, ma solo a Natale del 2018”

L’intervista. Parla il senatore Paolo Naccarato: “Faremo la fine dei tacchini, ma solo a Natale del 2018”

10 Settembre 2015 0 Di Ettore Maria Colombo

CLASSE 1958, nativo di Cosenza, un lungo cursus honorum alla spalle nelle istituzioni nazionali e locali (padre dello Statuto regionale), Paolo Naccarato è stato, in una prima vita, il più fidato e stretto collaboratore dell’ex capo dello Stato, Francesco Cossiga e lo ha seguito fino alla fine delle sue avventure politiche, Udeur e anche oltre. Tremontiano, «ma anche» sottosegretario nel II governo Prodi, se vuoi capire cosa accade in Senato, c’è solo una possibilità: chiederne conto e cognizione a lui, Paolo Naccarato.

Senatore, lei è una particolare specie di tacchino: vuole festeggiare il Natale?
«Perché so, sappiamo, di non avere più scampo. O mangiamo la minestra o saltiamo dalla finestra, e prima della fine della legislatura. Siamo tacchini consapevoli e dal preciso obiettivo: Natale 2018».

L’umore, però, è basso, nei corridoi di palazzo Madama.
Sì, questo lo ammetto. Ma direi più di saggia rassegnazione condita da alcune illusioni. Certo è che è finita un epoca e stiamo entrando in una, nuova, terra incognita».
Il senatore è conservatore: vuole che tutto resti com’è.
«Ah certo! Avremmo preferito abolire la Camera, non il Senato! Avevamo pronti tagli ai deputati, da 630 a 230, e grandi risparmi! Ci tocca fare di necessità virtù…».

Poi è arrivato Renzi-Attila…
«All’inizio lo vedevamo così, venne a sfidarci, con le mani in tasca. Ora si è guadagnato la stima e il rispetto di molti, il mio in testa».

Il senatore è transumante: di solito lo fa verso il governo. Stavolta va all’opposizione?
«Siamo in attesa di capire. Se il Pd si presenterà compatto in Aula, tutti si adegueranno. Oppure, se il Pd resterà disunito, ma rinascerà un nuovo patto del Nazareno, sotto qualsiasi forma, con il Cavaliere, gli altri non potranno farci nulla. In tutti e due i casi la riforma passerà e la legislatura arriverà al 2018. Tertium non datur».

Nel Ncd si dubita, si pencola, ci si tormenta? Reggeranno?
«È venuto meno il vincolo di appartenenza, dentro Ncd: le ricandidature latitano ed è scattato il tana libera tutti.

E prendere, invece, il sentiero, arduo ma pugnace, del senatore vietcong?
«Difficile. Lei l’ha mai vista una rivolta guidata da tacchini? Io no. Siamo tutti prigionieri. Il senatore vietcong esiste, certo: giapponesi che sparano nella giungla senza capire che la guerra è finita».

Fuor di metafora?
«Non c’è nessuno, al Senato, che riesca né riuscirà a metter insieme 161 voti “contro”: la riforma del Senato o il governo. Il rinvio del rimpasto e delle nomine nelle commissioni, da questo punto di vista, è scelta saggia: evita altre tensioni».

Che farà il senatore senza Senato, che farà il senatore Naccarato senza lo scranno?
«Ognuno pensa al proprio futuro e tutti hanno un piano B: alcuni pensano di migrare alla Camera, altri torneranno alle proprie occupazioni. Come farò io. Comunque si può far politica anche stando fuori del Parlamento. Questa è una riforma storica, manca solo l’ultimo miglio. Vale la pena fare il tacchino a Natale, ma quello 2018, si capisce».

Domanda dalle cento pistole. Cosa direbbe il suo faro, Cossiga, di Renzi?
«In pubblico avrebbe detto: è un giovane intraprendente, energico e coraggioso. In privato lo avrebbe rimproverato aspramente per una serie di cose, scelte, atteggiamenti. In privato, però, badi bene…».


NB. Questo articolo è stato pubblicato il 10 settembre 2015 a pagina 8/9 del Quotidiano Nazionale