#Pd e #Renzi, sarà un anno decisivo. Rimpasto,primarie, elezioni e referendum

1 Gennaio 2016 0 Di Ettore Maria Colombo
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Matteo Renzi parla alla Direzione del Pd.

SARÀ un anno decisivo, per il Pd, il 2016. Il premier-segretario, Matteo Renzi, va dicendo da mesi ed ha ribadito l’altro ieri che è al referendum istituzionale che si giocherà tutto («Se lo perdo considero fallita la mia esperienza politica»), ma anche per il suo partito appuntamenti e test clou non mancano.

IL RIMPASTO DI GENNAIO. Se la tregua, per ora fragile e precaria, stipulata dalla maggioranza renziana con la minoranza interna (l’asse Bersani-Speranza-Cuperlo) reggerà, lo si capirà presto. A gennaio, infatti, il governo varerà il tanto atteso mini-rimpastino (mancano due viceministri, un ministro) e Renzi metterà mano alla Segreteria. Se un personaggio del calibro di Vasco Errani andrà al governo e un esponente dell’area di Bersani, Nico Stumpo, entrerà in segreteria, vuol dire che la pax interna tiene. Altrimenti, saranno di nuovo bordate e tensioni, con rischio sgambetti nei voti in Parlamento.

LE PRIMARIE DI MARZO. Il 6 marzo il Pd officerà il rito delle primarie in tutte le città che andranno al voto a giugno, tranne dove sono riconfermati gli uscenti (Fassino a Torino, Merola a Bologna).
Il rischio di non trovare candidati all’altezza delle sfide, specie nelle città più grandi (Roma e Napoli), fa tremare le vene nei polsi, al Nazareno. A Napoli la situazione sfiora il drammatico: contro Bassolino nessuno se la sente di scendere in campo e il tempo corre. L’ultimo ‘no’ eccellente è quello del rettore dell’Università, Gaetano Manfredi. Dopo tanti nomi della società civile bruciati, il Pd dovrà ripiegare su un nome di partito che però avrà vita difficilissima a imporsi contro Bassolino. A Roma, dopo una serie di rifiuti, Renzi ha una sola carta da giocare, quella del vicepresidente della Camera, Roberto Giachetti. Pur riluttante, Giachetti non potrà certo dire di no a Renzi, ma resta intatta l’incognita della ricandidatura di Marino.
Infine, Milano: le primarie si terranno in anticipo, il 7 febbraio, e Renzi ha fatto scendere in campo l’ad di Expò, Giuseppe Sala. Una sconfitta del «campione» del premier da parte di Francesca Balzani, candidata del sindaco uscente, Giuliano Pisapia, sarebbe rovinosa o una vittoria di Pirro.

LE COMUNALI DI GIUGNO. Renzi, che già sta provando a sminuire la portata del voto («si vota per il primo cittadino, non per il primo ministro»), ha deciso che le amministrative si terranno il 12 giugno (eventuali ballottaggi il 26) 2016. La sfida è di quelle decisive, per il Pd e per il governo. Il premier punta tutte le sue carte su Milano, e sulla riconferma di Torino e Bologna, ma se il Pd perdesse sia Roma che Napoli, gli effetti dentro il partito si farebbero subito sentire e ogni fragile tregua sarebbe rotta. Se poi il Pd perdesse pure Milano sarebbe a rischio il governo. Anche il tema alleanze (partito della Nazione allargato all’Ncd o centro-sinistra con Sel?) sarà il banco di prova (e degli imputati) nel Pd.

IL REFERENDUM DI OTTOBRE. A metà ottobre il governo terrà il referendum sulla riforma del Senato e del Titolo V della Costituzione. Renzi vede in quell’appuntamento la prova del nove per chi, in vista delle Politiche, vuole stringere un patto con il Pd: i «comitati per il Sì», che di certo vedranno in prima fila i moderati e i centristi, da Ncd ai verdiniani, avranno la minoranza interna contro o a favore? Renzi sul punto non transige: «o con me o contro di me» perché «avremo contro tutti», dalla Lega a FI, dall’M5S a Sel, ma è sicuro di vincere («li spianeremo»).
Chi si schiererà con i «comitati del No» per il premier sarà fuori dal partito (il congresso è previsto nel 2017) e dai posti alle seguenti Politiche (2018 in teoria, ma se lo vince più probabili già nel 2017).


NB: Questo articolo è stato pubblicato il 31 dicembre  2015 sul Quotidiano Nazionale