Il documento del Pd sul nuovo Italicum c’è, ma la minoranza di Bersani dice No. Cuperlo, invece, sta pensando se dire Sì (nel testo il ballottaggio torna in forse)

4 Novembre 2016 0 Di Ettore Maria Colombo

LA BOZZA del nuovo Italicum, tenuta sotto chiave per tutto il giorno neanche fosse il Terzo segreto di Fatima, c’è, ma la minoranza del Pd si è già spaccata al suo interno nel valutarla

 

Bersani e Speranza bocciano il lavoro della commissione, Cuperlo ci crede e spera ancora. Ma vediamo cosa dice il documento. Per migliorare il «rapporto tra eletto ed elettore», la prima richiesta avanzata dall’unico membro della minoranza presente nella commissione istituita per cambiare l’Italicum, Gianni Cuperlo, indica due strade: abolizione totale o parziale delle candidature plurime (oggi fino a dieci) e dei capolista bloccati (dal partito). Come sostituirle? O con tutte preferenze (l’Italicum divide l’Italia in 20 circoscrizioni, a loro volta divise in 100 collegi in ognuno dei quali vengono eletti dai 3 ai 9 deputati, il primo bloccato, il capolista, gli altri con le preferenze) oppure con collegi uninominali (il Provincellum studiato dal renziano Parrini: 618 collegi uninominali che eleggono ognuno il primo piazzato con più voti tra le diverse liste).

Il documento lascia poi aperte due vie per garantire al tempo stesso la rappresentanza e la governabilità, la seconda richiesta di Cuperlo, che chiedeva di non schiacciare la prima a scapito della seconda. La prima via è l’apparentamento di liste o coalizioni tra il primo e il secondo turno (possibilità oggi vietata dall’Italicum), via che ha il pregio di mantenere il ballottaggio. La seconda è l’eliminazione del ballottaggio (ipotesi ammessa per la prima volta, e questa è la novità) «purché si trovi una soluzione che favorisca la governabilità». Traduzione: un premio di maggioranza di una qualche consistenza (15% o più sul modello caro ai Giovani Turchi, l’Italikos alla greca) alla prima lista (o coalizione) vincente.

INSOMMA, il documento redatto dal Pd non prefigura nessun modello precostituito e lascia due strade diverse aperte: il puro maquillage all’Italicum o la sua sostanziale abiura.
Il documento sulle modifiche all’Italicum è stato elaborato – si diceva – dalla commissione interna al Pd (cinque i membri che ne fanno parte: Guerini, Orfini, Zanda, Rosato, Cuperlo) che si è riunita ieri pomeriggio, ma che poi si è riaggiornata a un nuovo incontro (oggi? domani?) perché Cuperlo ha chiesto «qualche ora» per «valutare al meglio il testo».

DETTO del merito del documento, c’è da dire di chi, politicamente, lo ha già bocciato, ritenendolo «un puro esercizio di stile, un contributo al dibattito di cui, magari, parleremo dal 5 dicembre in poi»: la minoranza Pd di Area riformista che fa capo a Bersani-Speranza.

Ieri mattina, appoggiati a una colonna del Transatlantico, Bersani cercava di impedire a Cuperlo l’abbraccio mortale con Renzi («A Cuperlo ho detto che è molto difficile dire, come fa Renzi, che l’Italicum è ottimo e poi prendere l’iniziativa di cambiarlo»), mentre Cuperlo cercava di convincerlo che «bisogna cercare fino all’ultimo l’intesa». Nulla di fatto. La frattura interna alla sinistra dem rischia di non essere più ricomponibile. «Se la commissione ha prodotto un documento – dicono fonti vicine a Speranza – vuol dire che ha fallito il suo obiettivo. Serviva un ddl da incardinare subito in Parlamento, Cuperlo era andato lì, anche a nome nostro, solo per questo». «Se non c’è un ddl formale, e non c’è», dice Davide Zoggia, «avevamo ragione noi: è stato un lavoro inutile sin dall’inizio».

In campo renziano, il premier continua a difendere l’Italicum in pubblico («Una buona legge, ma sono disposto a cambiarla. Il ballottaggio dava garanzia di vittoria,,, Però a me va bene qualsiasi legge che non sia quella schifezza del Porcellum» ha detto anche ieri sera ) anche se – dicono i suoi – non pare disposto a rinunciare definitivamente al ballottaggio, i renziani difendono la genericità del documento prodotto («Non potevamo andare nel dettaglio perché era solo una prima stesura e perché poi prima c’è il referendum, poi c’è la Consulta che deve decidere la legittimità dell’Italicum…»), mentre Guerini, il Talleyrand di Renzi, ieri ha provato a sondare il terreno anche dei bersaniani. I quali, alla Camera, si erano tutti riuniti attorno Bersani (Speranza, Stumpo, Epifani, cui poi si è aggiunto Cuperlo) e poi hanno avuto un abbocamento con i ‘cugini’ separati di Sel che, con Scotto e D’Attorre, chiedevano lumi alla minoranza dem proprio sulla legge elettorale.

 

E poi c’è la posizione di Cuperlo cui i renziani sono pronti, purché rompa con Bersani, a fare ponti d’oro: «Mi riservo un giudizio politico e di merito sul documento che poi sottoporrò a tutta la minoranza». Cuperlo, cioè, chiederà, entro pochi giorni, non solo una posizione ufficiale all’asse Bersani-Speranza (ma la risposta già si sa: sarà un secco «no»), ma anche «un impegno solenne del premier-segretario per fare le modifiche all’Italicum» e per far sì che quel documento diventi «la posizione ufficiale di tutto il Pd». Morale: Bersani e i suoi hanno già detto No alle modifiche all’Italicum e al referendum. Cuperlo vorrebbe dire Sì ad entrambe, ma si lascia una porta aperta: se Renzi non prende un impegno solenne il suo «Sì» potrebbe diventare «No». Il cerino in mano resta il suo.


NB: Questo articolo è stato pubblicato il 4 novembre 2016 a pagina 3 del Quotidiano Nazionale