Perché, in teoria, Renzi ha già perso il referendum. Conti e raffronti, sulla base di numeri reali, con le elezioni Politiche 2013, Europee 2014 e passati referendum

16 Novembre 2016 1 Di Ettore Maria Colombo
transatlantico montecitorio interno

Il Transatlantico di Montecitorio o ‘dei Passi Perduti’

ALCUNE PREMESSE METODOLOGICHE

Renzi perderà davvero il referendum del 4 dicembre? Se si confrontano i dati reali (cioè i voti assoluti) dei partiti pro-riforma (Pd+Ncd+Sc+centristi minori) e di quelli contro la riforma (M5S+FI+Lega+Fd’It+Sel+partiti minori di destra e sinistra), parametrandoli i voti presi alle Politiche 2013, alle Europee 2014 e ai passati referendum dai suddetti partiti, il risultato è sempre lo stesso: Renzi e il Pd perderanno il referendum di diversi milioni di voti. Tutto questo articolo, però, si basa su alcuni dati di fatto e, insieme, su proiezioni di voti assoluti basati sulle Politiche 2013, Europee 2014 e i passati referendum che, pur miscelati in modo uniforme, non sono sovrapponibili e immediatamente confrontabili né con i sondaggi attuali né con i voti reali che arrideranno, il 4 dicembre, al Sì o al No. Di conseguenza, è un articolo da prendere con le molle perché la base ‘scientifica’ c’è, ma in politica e soprattutto in un voto come quello che ci attende le varianti possibili sono imponderabili. Per il resto, vi auguro buona lettura.

 

1) INCREDIBILE, VINCE CHI PRENDE UN VOTO IN PIÙ
La sensazione che il premier e segretario del Pd, Matteo Renzi, perderà il referendum costituzionale del 4 dicembre si fa più corposa ed evidente man mano che ci si avvicina al giorno della votazione. Naturalmente, i sostenitori del No esultano, quelli del Sì cercano di porre rimedio al fatto che, da mesi, tutti i sondaggi li danno stabilmente dietro al No e costretti faticosamente a rincorrerlo. Eppure, tutti gli scenari e le possibilità di vittoria o sconfitta vengono diffuse sulle base di sondaggi e, cioè, di percentuali, MAI sulla base di numeri assoluti. E’ con questi, invece, i numeri assoluti che in questa votazione, più che in altre, bisogna fare i conti. Va ricordato, infatti, che il referendum confermativo di leggi costituzionali non abbisogna di quorum (soglia di partecipazione al voto), ma lo vince chi prende anche solo un voto più. Per dire, se su 60 milioni di italiani andassero a votare in cinque (5) elettori di numero, con 3 (tre) voti per il No e 2 (due) per il Sì, il referendum lo avrebbe vinto il No. Insomma, mentre nelle elezioni politiche, invece, come in quelle amministrative, i voti assoluti vengono trasformati in seggi (e, dunque, in maggioranze e minoranze) grazie ai sistemi elettorali di volta in volta adottati, al referendum (ripetiamo: solo in quello confermativo come sarà quello costituzionale del 4 dicembre, NON in quello abrogativo, cui serve il quorum per essere valido, a prescindere da chi lo vinca) non esiste sistema elettorale: i voti si contano in numeri assoluti e, chi prende un voto in più, ha vinto.

2) DIFFICILE SOMMARE MELE CON PERE

I numeri assoluti di cui parleremo tra poco hanno un valore intrinseco in sé (non sono, appunto, sondaggi, ma numeri reali, presi dai partiti in tre tornate elettorali: Politiche, Europee, referendum costituzionali precedenti), ma NON sono, chiaramente, sovrapponibili al voto che ci sarà il 4 dicembre come semplice carta carbone. Per capirsi, primo esempio: NON è affatto detto che i voti del Pd alle Politiche 2013 o alle Europee 2014 saranno i voti che il Pd porterà in dote a Renzi il 4 dicembre 2016. Non tutti gli elettori (e/o simpatizzanti e/o militanti) del Pd voteranno Sì al referendum (la minoranza dem al completo, per dire, voterà compattamente NO: si dice che valga il 15% del Pd). Secondo esempio: non tutte le somme che presto evidenzieremo sono realistiche: sulla carta, i voti del Pd si sommano ai centristi, ma quali e quanti? Tutti quelli di Ncd? E quanti sono quelli di Ala (Verdini)? E quanti voti arriveranno da Forza Italia o M5S al Sì? Terzo esempio: è evidente che, per quanto la partecipazione al voto degli italiani al referendum non sarà di certo bassa (si stima che andrà a votare almeno la metà del corpo elettorale, circa il 50%), l’affluenza dei cittadini italiani alle elezioni Politiche è e resterà comunque più alta (tra il 65-70%), mentre è più ragionevole pensare che l’affluenza a questo referendum si avvicini a quella delle Europee 2014 (dove i votanti furono 28.908.004, il 58,64%). Quindi i voti assoluti indicati andrebbero depurati di alcune milioni di unità, allo stato non quantificabili. In ogni caso, verranno contati qui SOLO i voti della Camera (diritto di voto dai 18 anni in sù, quindi la fascia più alta possibile di elettorato italiano) ma SENZA i voti degli italiani all’estero (4 milioni 23 mila votanti, di cui 2,1 in Europa e 1,3 in Sudamerica, circa 1,2 milioni di votanti stimabili al referendum).

3) SONDAGGI, QUANTO LA REALTA’ VIENE DISTORTA

In campagna elettorale si discute prevalentemente di sondaggi che, sfornati dai vari istituti di ricerca, quasi quotidianamente vengono mandati in onda sulle tv e pubblicati sui giornali. Ma i sondaggi danno una rappresentazione distorta e fallace della realtà: NON tengono, appunto, mai in considerazione i numeri veri, i voti assoluti. Prendiamo in esame i principali istituti di sondaggi e il periodo temporale compreso tra il 21 ottobre e l’11 novembre (prima, quindi, della vittoria di Trump negli Usa). Questi risultati. Per Ixé-Agorà il No ha il 40% contro il 37% del Sì (indecisi al 23%), per Tecné-Mediaset il No è al 52,9% contro il 47,1% al Sì (indecisi al 16%, affluenza al 50%), per Emg-La 7 il No è al 38,3% e il Sì al 34,8% (indecisi al 26,95, astenuti al 40,3%), per Ipr il No è al 52% e il Sì al 46,5% (affluenza al 45%). Dalla media viene fuori che il No è sempre avanti con una forchetta compresa tra i 2 e i 5 punti massimo, circa 3/4 punti percentuali di media.
Ma si possono fare i conti sulle percentuali? No, appunto. L’affluenza al voto, il reale numero dei votanti, come si orienteranno gli indecisi e coloro che non dichiarano il loro voto, i possibili spostamenti dal bacino elettorale del Sì al No e viceversa, sono, allo stato, tutte ancora delle grandi e insondabili incognite. Ecco perché bisogna, invece, ragionare sui voti assoluti. Con tutti i benefici di inventario segnalati in precedenza, ma con qualche certezza data dai voti reali che, nelle urne, valgono quanto pesano. Fatte tutte queste premesse, iniziamo a parlare di numeri assoluti.

NOTA. COME E PERCHE’ SOMMARE I VOTI ASSOLUTI

Ribadiamo qui il punto: non è assolutamente possibile trasporre il voto di elezioni precedenti (Politiche 2013 ed Europee 2014), ma anche dell’ultimo referendum abrogativo (trivelle 2016) sul voto che si terrà il 4 dicembre. Né sarebbe giusto, in teoria, creare o sciogliere alleanze ‘innaturali’ tra forze politiche che, a quelle elezioni, non erano coalizzate per riversare i loro voti in un Sì o in un No alla riforma costituzionale, ma almeno si ragiona in termini di voti assoluti. Quelli che pesano e peseranno nelle urne, il prossimo 4 dicembre.
NB: Ci si riferirà sempre ai votanti per la Camera dei Deputati (per la quale votano i 18 enni, quindi il massimo del corpo elettorale e SENZA contare i votanti per la circoscrizione Estero, circa 4,1 milioni di elettori perché il loro voto è troppo soggetto a dinamiche incalcolabili, politiche e non politiche, di diverso tipo).

 

1) POLITICHE 2013: IL NO VINCEREBBE IN MODO NETTO

 

Alle Politiche del 2013 gli aventi diritto al voto erano 46 milioni di italiani (46.905.15) e i votanti furono 35.270.926 (il 75% degli aventi diritto). Il Pd – allora guidato da Bersani, candidato premier della coalizione Italia Bene comune (Pd+Sel+Cd) – raccolse 8.646.03 voti (il 25,43%) da solo mentre Sel prese 1.089.231 voti (3,2%) e le briciole andarono ai centristi.
Gli unici voti assoluti sommabili, parametrando le Politiche di allora al referendum di oggi, a quelli del Pd sono i voti – all’epoca molti – arrisi alla coalizione che candidava premier Mario Monti (Scelta Civica per l’Italia): 3.591.541 voti (il 10,56%) totali di una coalizione che, però, comprendeva partiti che non esistono più da anni (Fli di Fini) o sono ridotti a percentuali da prefisso telefonico (Scelta civica) o sono addirittura schierati con il No (Udc di Cesa). Insomma, sottraendo i voti di Sel e concedendo, con grande ottimismo, la metà dei voti dei montiani (oggi l’Ncd vale circa 1.200 mila voti, quindi molto meno del milione e mezzo dei teorici reduci di Sc) al Fronte del Sì, tutti i voti del Pd di Bersani (8 milioni e 6oo mila) – un partito ‘pre-renziano’ e dunque lontano dalla rivoluzione portata dal premier e anche dal suo nuovo bacino elettorale – e il modesto apporto di qualche partitino satellite minore (Idv, Centro democratico, Moderati, etc.), la somma fa 10.150.000 circa di voti. Sommati al milione e 200 mila di voti attuali cui è stimato Ncd, la somma finale è di 11.350.000 voti, al massimo, per il Fronte del Sì, sulla base delle Politiche 2013. Il confronto con i voti assoluti del Fronte del No, sempre sulla base dei voti delle Politiche 2013, è impietoso. Infatti, la coalizione di centrodestra (Pdl+Lega+Fratelli d’Italia+La Destra+partiti minori) prese allora 9.923.600 voti (29,18%), quindi già quasi pareggiando, da sola, parametrati a oggi, tutti i voti per il Sì: il Pdl prese 7.332.134 voti (21,56%), la Lega 1.390.534 voti (4,09%), Fratelli d’Italia 666.765 (1,96%), la Destra 219.585 (0,65%).
Anche volendo sottrarre, causa successiva scissione e ingresso nel governo, i voti dell’attuale Ncd, come detto prima, restano 9.609.018 i voti arrisi alle principali liste di centrodestra (9.923.600 tutte comprese) che, pur diminuite di un milione di voti della futura scissione dell’Ncd, vanno a sommarsi al 1.089231 voti di Sel e, soprattutto, ai ben 8.691.406 di voti (25,56%) arrisi al M5S e a una serie di liste minori (Rivoluzione civile di Ingroia, 765.189 voti, Fare per fermare il declino, 380.044, etc.).
In totale, i voti ascrivibili al Fronte del No arrivano a 19.389.655. Una cifra astronomica, e decisamente irraggiungibile, per il Fronte del Sì. E anche presupponendo che la metà dei voti (3,5 milioni) dell’attuale Forza Italia e dell’allora Pdl (7.332.134) ribalti le sue preferenze e voti per il Sì e non per il No, il Fronte del No manterrebbe, con 15.889.655 milioni netti di voti, una distanza larga e salda dai 14.500.000 voti del Fronte del Sì. Naturalmente, va tenuto conto dell’astensione, non quantificabile, e dei consistenti spostamenti di voti avvenuti dal 2013 ad oggi.

2) EUROPEE 2014: IL Sì PERDEREBBE IN MODO ROVINOSO

Ecco perché il raffronto con le Europee del 2014 è di certo più calzante: i partiti presenti allora sono, sostanzialmente, quelli in campo oggi, con una sola differenza: il voto del Pd, allora al suo massimo storico (40,8%) è sovrastimato rispetto all’attuale (almeno 10 punti in meno vanno calcolati) mentre il voto all’M5S è sottostimato (almeno 8-9 punti in più rispetto al 21% di allora vanno calcolati). Alle Europee del giugno 2014 gli aventi diritto al voto erano 49.256.169 e i votanti furono 28.908.004 (58,64%). Una percentuale di votanti assai bassa (ben sotto il 60% e realisticamente vicina a quella che ci aspetta il 4 dicembre, dato che il 60% di votanti sarebbe, per un referendum, una cifra alta.

Il Pd prese il suo famoso 40,82% pari a 11.172.861 voti in termini assoluti . Al Pd vanno sommati i 1.199.703 voti dell’Ncd-Udc (pari al 4,38%, ma l’Udc oggi è per il No), gli appena 186.157 voti di Scelta europea (0,72%, l’ex Scelta civica), al massimo i 179.693 voti dell’Idv (pari allo 0,66%, oggi l’Idv è su posizioni moderate e di alleanza con il Pd). Il totale fa 12.738.414 voti assoluti per il Sì. Insomma, anche stimando il Pd al suo massimo storico – oggi difficilmente raggiungibile – solo un paio di milioni di voti sottratti di netto a Forza Italia garantirebbero il raggiungimento, o lo sfiorare, la quota di sicurezza che, tra poco vedremo, è sui 15 milioni di voti. La sola quota che può garantire, se toccata, chanches di vittoria in un referendum cui voteranno almeno 30 milioni di elettori.
Dall’altra parte, nel Fronte del No, vanno sommati i 4.605.331 (16,83%) di FI, i 1.686.556 voti della Lega (6,16%), i 1.004.037 (3,67%) di Fd’It, i 1.103.203 voti di Lista Tsipras (l’attuale Sel-SI+Prc + movimenti minori) e, ovviamente, i 5.792.865 voti di M5S (21.16%). Il totale, impietoso, fa 14.191.992 voti assoluti, ben superiori ai 12.738.414 voti dei partiti del Sì.
Bisognerebbe, anche in questo caso, immaginare almeno due milioni di voti azzurri moderati che traslocano in modo secco da Forza Italia e passano a un Pd che non solo non perde un voto a sinistra, a causa del No della minoranza dem (stimata nel 15% dell’elettorato dem da tutti i sondaggisti), ma che mantiene l’astronomica cifra del 41% delle Europee mentre l’M5S non solo non replica le percentuali attuali o del 2013 ma è fermo al 21%…

3) GLI ALTRI REFERENDUM: LA ‘BASE ELETTORALE’ DEL NO

Nei due precedenti referendum costituzionali (2001 e 2006) – RIBADIAMO: GLI UNICI REFERENDUM CHE NON NECESSITANO DI QUORUM – la percentuale di affluenza al voto è stata molto bassa: 16,843.420 milioni di italiani (34,05% su 49.462.222 aventi diritto al voto) hanno votato nel 2011 (referendum di approvazione della riforma del Titolo V avanzata dal centrosinistra: PROMOSSA) e 25.371.792 di italiani (53,84% su 47.120.776 aventi diritto al voto) hanno votato nel 2006 (riforma costituzionale avanzata dal centrodestra: BOCCIATA). Nel 2001 i Sì furono 10.433.574 (64,21%) e i No 5.816.527 (35,79%): la riforma del centrosinistra venne approvata.
Nel 2006 i No furono 15.467.363 (61,64%) e i Sì 9.625.414 (38,36%): la riforma del centrodestra fu bocciata. Infine, come si sa, nell’ultimo referendum – ma questa volta abrogativo, quindi necessitante del raggiungimento del quorum del 50,1% degli aventi diritto al voto, quorum che non venne raggiunto – quello sulle trivelle, svoltosi nell’aprile del 2016 ha votato solo il 32,16% degli aventi diritto al voto (15.026.940 su 46.730.317 elettori).
I sì (per l’abolizione delle trivelle da una certa distanza dalle coste) sono stati 12.822.908 (86,44%), i No 2.011.178 (13,56%). E’ opinione comune di commentatori, politici e sondaggisti che, proprio in base a questo ultimo voto referendario, i No al referendum abbiano, come possibile base elettorale, proprio i quasi 13 milioni di voti presi dal Sì alle trivelle, voto che è stato molto politicizzato in funzione anti-Renzi e antigovernativa D’altro canto va rilevato che, contro la riforma del centrodestra del 2006, si mobilitarono, più che i Ds di allora, Cgil, associazioni e sinistra diffusa: i No raggiunsero i 15 milioni e mezzo di voti mentre nel 2001 i No contro alla riforma erano stati 5.816.527. Una base, quella del ‘No’ alle riforme che conferma, dunque, un bacino potenziale di contrari alle riforme e per lo status quo che oscilla tra i quasi 6 milioni e gli oltre 15 milioni di voti senza dire dei 13 milioni di voti contrari alle trivelle nel 2016.
I Sì ‘riformatori’ e moderati – quindi favorevoli alle riforme costituzionali, anche se di centrosinistra prima e centrodestra poi – furono 10 milioni e mezzo nel 2001 e 9 milioni e 600 mila nel 2006. Una cifra considerevole, ma assai più bassa e contenuta, mentre, nel 2016, il Fronte del No (in questo caso rappresentante della parte più moderata e liberale del Paese) prese solo 2 milioni di voti perché l’indicazione del premier e di molti partiti pro-trivelle era stata, semplicemente, quella di non andare a votare e, cioè, di astenersi. 

UNA ‘NON’ CONCLUSIONE

Dunque, riassumendo, tutti i sostenitori del No ritengono di partire da una base elettorale oscillante tra i 13 e i 15 milioni di voti, senza neanche considerare le diverse ‘fedi’ politiche. D’altra parte, il Sì, senza neanche qui considerare le diverse fedi politiche, oscilla tra 5 e 10 milioni di voti. Anche in questo caso, il Fronte del No è stabilmente, e di molto, avanti al Sì.
Si tratta, evidentemente, di conti fatti ‘senza l’oste’: senza cioè considerare sia il merito della riforma che i nuovi, possibili, equilibri politici ed elettorali che si sono creati nell’arco del 2015 come del 2016, ma almeno si tratta di numeri e dati reali, concreti, non di sondaggi di opinione. Li sottopongo ai miei lettori per poter giudicare, a urne aperte, il 5 dicembre, cosa è successo nel voto.


NB: articolo scritto il 16 novembre 2016 per il sito Internet Quotidiano.net