Tre articoli invece di uno. Renzi sceglie l’M5S come nemico numero 1 e intanto offre un patto ai grillini:”legge elettorale ed elezioni subito”
10 Aprile 2017Renzi sfida Casaleggio jr (“Democrazia vs dinastia”) ma i suoi offrono un patto all’M5S: “Pronti a votare il Legalicum in cambio di elezioni subito (l’articolo è uscito su Quotidiano Nazionale il 10 aprile 2017)
“Renzi app”, già scaricabile da ogni piattaforma. Piattaforma e sito web ‘Bob’ (Kennedy) per smascherare le fake news grilline. “Democrazia vs dinastia”, il mantra. L’Avversario con la ‘A’ maiuscola di Matteo Renzi sono i 5 Stelle, non i suoi competitor alla segreteria, Orlando ed Emiliano, cui propone un ‘patto tra gentiluomini’, anche se alla sua maniera: “Non potete passare i futuri quattro anni a sparare sul quartier generale” (traduzione: ‘se volete fare come Bersani&co., quella è la porta’) e pur rifiutandosi di spostare la data delle primarie solo perché Emiliano si è fatto male e non può correre (Orlando era d’accordo, i renziani sono stati irremovibili) almeno fisicamente.
Eppure, per paradosso non tanto paradossale, l’ex premier proprio ai grillini offre, tramite i suoi ambasciatori Orfini e Guerini, un patto sulla legge elettorale che nelle parole di questi ultimi due ai 5 Stllee suona così: “Noi vogliamo votare e siamo pronti a offrirvi un patto sul vostro Legalicum (estensione dell’Italicum al Senato, ndr.) e siamo pronti a togliere i capolista bloccati, voi ci state?”. E anche se l’offerta potrebbe essere solo ‘trabocchetto’ (“Un modo per stanare i grillini, far vedere a tutti che non vogliono fare nessun accordo e poi farlo con Berlusconi”, ragiona un machiavellico renziano di alto grado, ma ben informato, specie su un punto: “Se facciamo credere a FI che siamo pronti a togliere i capolista bloccati, quelli si mettono paura, ci cascano subito nel tranello e fanno l’accordo con noi”), l’offerta ai pentastellati sembra una cosa seria e a un buono stadio di lavorazione.
L’ex premier – che nel retropalco dell’Ergife si prende un caffè in amicizia con il premier Gentiloni – si sente già vincitore delle primarie aperte del 30 aprile, forte di consensi che – dicono i suoi – “non saranno inferiori al 55-60% dei voti”. Insomma, sarà un trionfo. Solo un tasto preoccupa i renziani, quello dell’affluenza: faranno di tutto perché la partecipazione superi bene i due milioni.
Per il resto, la Convenzione nazionale del Pd tenuta ieri all’hotel Ergife di Roma scorre via come un fiume tranquillo (le liste dei candidati collegati si chiudono oggi, solo lì sono previste frizioni). Del resto, se Orlando è quotato al 20-30% ed Emiliano all’8-15%, è anche perché tre quarti del Pd – la ‘macchina’ o la ex ‘Ditta’ – sta con Renzi. Specie nell’Italia centrale (le regioni ‘rosse’) e nel Mezzogiorno, dove la mozione Renzi stravince su tutte le altre con percentuali bulgare e dove il Pd ha ormai più tesserati che al Nord.
Orlando, però prima di Renzi, fa un discorso affatto conciliante: picchia come un fabbro su tutto, dal rapporto con gli operai (“Tu vai da Marchionne, io vado ai cancelli della Fiat”), alle riforme (“Rischiamo un riformismo senza popolo”) alla legge elettorale (“Basta a proporre il Mattarellum se tutti ci dicono di no”), etc. Il governatore pugliese, teorico candidato anti-establishment, nel Pd, s’è rotto lui il tendine, ballando la tarantella: in un videomessaggio dall’ospedale, tiene una mozioni degli affetti dai toni soporiferi – non a caso molto apprezzato da Renzi, che invece ribatte duro a Orlando – il cui spunto originale è lodare “gli elettori 5 Stelle”.
Renzi spiega i punti su cui vuole imbastire la campagna elettorale, ma quella delle Politiche, come un vero derby Pd versus M5S: “democrazia contro dinastia, scienza contro paura, lavoro al posto dell’assistenzialismo”. Pensa che i 5Stelle abbiano trovano il loro nuovo leader in Davide Casaleggio, smania all’idea di potersi confrontare con lui o con chi per lui e si dedica poco al resto del Mondo. Sul vero punto di impasse, la legge elettorale, ribadisce che “Per noi c’è il Mattarellum, al Senato c’è stato un fatto di una gravità enorme (il caso Torrisi, ndr), ora tocca al Fronte del No parlare”. Ma, appunto, Renzi – via Guerini e Orfini – parla invece ai M5S e fa sapere: “La vostra proposta sul Legalicum? Fatela, pronti a discuterne”.
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2 Renzi teme Casaleggio ma è pronto a trattare con M5S sulla legge elettorale
(l’articolo è stato pubblicato su Quotidiano Nazionale l’8 aprile 2017)
“Avete visto Davide Casaleggio in tv?” – filosofeggia l’ex premier – Quale messaggio vi arriva? Che noi scegliamo i leader sulla base della democrazia, loro sulla base della dinastia”. A prima vista appare solo un pan per focaccia, dato che Casaleggio jr aveva definito Renzi “un bugiardo seriale”.
Ma dietro c’è dell’altro. Nel Pd è scattato l’allarme rosso. Lo stesso Renzi crede che possa essere Casaleggio jr. la vera carta del Movimento, alle prossime elezioni politiche. In realtà, Renzi lo ha blandito, all’inizio, il figlio del guru, cercando un canale di comunicazione con la tolda di comando stellata che non fosse quella ‘arrabbiata’ di Grillo. Poi ha capito che era inutile e ha delegato la pratica ai suoi pasdaran che hanno preso a picchiare sulla ‘Ditta’ stellata.
E così Renzi ha, nel contempo, fatto anche la mossa opposta, delegando ai due diplomatici del Pd così diversi da lui – il ‘democristiano’ Guerini e il ‘dalemiano’ Orfini – le segrete trattative per cambiare la legge elettorale. La proposta di Guerini e Orfini ai grillini è stata questa: “Voi aiutateci a trasportare l’Italicum al Senato e fatecelo approvare in tempi brevi, noi vi diamo l’ok a togliere i capolista bloccati, così voi vi intestate l’ennesima battaglia anti-Casta, e tutti si ottiene il voto anticipato a ottobre, chi è più bravo vince”. L’offerta, però, serve anche a ‘mettere paura’ agli azzurri che si ritroverebbero a subire una legge assai sgradita, per vedere se invece volesse essere Berlusconi a rinsavire. Insomma, il Pd di Renzi vuole giocare su più tavoli e forni.
Ieri l’ex premier ha iniziato dalla sua Firenze, a pomeriggio, poi nella ‘rossa’ Bologna, a tarda sera (oggi sarà a Bari), il ‘tour’ in vista delle primarie del 30 aprile. Accompagnato dal ministro Martina – dovrebbe servire a dimostrare il passaggio dall’Io al Noi, nessuno se ne accorge – ha riservato proprio ai 5 Stelle i suoi strali più saettanti. Ringalluzzito dal poter girare, ben più liberamente di prima, nella sua amata città (“Ancora, mi chiamano sindaco, allora mando un sms a Nardella e godo”), ignora gli avversari al congresso (il ministro Orlando e il governatore Emiliano) e si concentra sugli avversari politici, Grillo e Salvini.
“Il 30 aprile i gazebo dobbiamo farli in piazza e non solo nei circoli perché è meglio stare in piazza che chiusi in una villa della Brianza o in un blog ligure”. E uno. “Mia figlia Ester mi ha chiesto: ‘babbo contro chi si fanno stavolta le primarie?’ Non le ho risposto contro Emiliano o Orlando, facciamo le primarie per l’Italia e il Pd. Il nemico sta là fuori e si chiama Grillo o Salvini”. E due. “Noi abbiamo fatto la lotta all’evasione fiscale, non lasciamo la bandiera dell’onestà a un partito fondato da un pregiudicato”. E tre. Poi ritorna sui “giochini” fatti al Senato (il caso Torrisi) dai “franchi tiratori” e da chi “vuole riportare il Paese indietro”.
Ma un accordo con altri partiti – siano 5 Stelle o FI o Lega – Renzi, una volta vinte le primarie e tornato leader del Pd – dovrà trovarlo. Anche perché, spiegava ieri e con dovizia di particolari Stefano Ceccanti, costituzionalista vicino a Renzi, ma ascoltato al Colle, “un decreto legge del Governo in materia elettorale non si può fare”. Serve un accordo tra almeno due grandi partiti per cambiare la legge elettorale. Il Pd, in fondo, deve solo decidere quale forno accendere.
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3. Il Colle e il governo fermano Renzi che voleva sfruttare il caso Torrisi per aprire una crisi, ma Renzi è pronto a offrire uno scambio sulla legge elettorale
(L’articolo è stato pubblicato sul Quotidiano Nazionale il 7 aprile 2017)
Ettore Maria Colombo – ROMA
Ieri un quintetto di ‘Imperi Centrali’, composto da Mattarella (Capo dello Stato), Gentiloni (capo del governo), Franceschini (ministro e azionista di maggioranza del Pd), Orlando (ministro e capofila del fronte anti-Renzi) e Alfano (ministro e leader di Ncd), s’è messo di traverso per stoppare la fuga in avanti di Renzi verso le urne anticipate. “L’incidente di Sarajevo”, si sa, vedeva in Salvatore Torrisi il Gavrilo Princip che spara all’arciduca d’Austria: Renzi e i suoi speravano fosse il prodomo alla Prima Guerra Mondiale. Tradotto: una bella crisi di governo con annesse elezioni politiche anticipate da tenersi non a giugno (impossibile), ma a settembre (il 24 si vota in Germania) o “a ottobre”, dicevano i renziani. In modo tale che –spiegavano – “la legge di Stabilità la fa un governo in carica e legittimato”. Inoltre – come ha ribadito ieri Renzi ai suoi fedelissimi – “se non vinciamo noi, ma Grillo, è un casino per il Paese” e – come spiega a Panorama – “solo io posso battere Grillo”. Insomma, la manovra c’era, è partita, ma è stata sventata. Un Mattarella durissimo sarebbe arrivato a trattare i renziani peggio dei grillini, facendo sapere al Nazareno “non chiedetemi un incontro ufficiale, vi risponderei di no”.
Renzi, dunque, ieri ha dovuto far buon viso a cattivo gioco. “Di crisi di governo non si parla”, ha detto al Nazareno, davanti alla massa dei parlamentari della sua mozione convenuti per ‘fare il punto’ sulla campagna per le primarie che, in vista del 30 aprile, vede Renzi saldamente in testa, secondo un sondaggio di Swg (62-66%, e dato in crescita, contro il 19-23% di Orlando e il 13-17% per Emiliano). La grana Torrisi viene liquidata come un “episodio grave e antipatico, ma non possiamo tornare alla Prima Repubblica. Noi la parola ‘crisi di governo’ non la dobbiamo utilizzare”. Dato a Gentiloni quanto va dato a Gentiloni (“Il lavoro del Governo va difeso e incoraggiato”, “bisogna proseguire sulla strada delle riforme, dalla Buona scuola a Casa Italia”, “i dati Istat su consumi e occupazione ci danno ragione”), Renzi si limita, dal Nazareno, ad attaccare “la maggioranza proporzionalista” composta da centristi, opposizioni e Mdp, “il Fronte del No che dice no al Mattarellum e all’Italicum. Ora sta a loro una proposta, vedremo di cosa sono capaci”.
Ma se dietro il Renzi che dice “ora occupiamoci di cose serie”, c’è un non detto. Renzi avrebbe già chiesto ai suoi sherpa di mettere a punto un decreto, da far fare al governo, sulla legge elettorale con tre punti minimi utili a tacitare le obiezioni del Colle. Contatti sono stati avviati con FI, ovvio, ma anche – e qui sta la novità – con l’M5S. E’ questo il nuovo fronte: valutare se “realmente” i grillini ci stanno.
“L’accozzaglia dei proporzionalisti – spiega un dirigente di alto rango del Nazareno – vuole dar vita a un proporzionale puro con soglie di sbarramento basse o nulle? Bene, se il Mattarellum non ha i numeri, sappiamo giocare anche noi”. A M5S il Pd può offrire – spiega la fonte – “l’eliminazione dei capolista bloccati, dato che fanno schifo a tutti, anche se poi tutti li chiedono, e di andare a votare con l’estensione dell’Italicum al Senato che loro chiamano il Legalicum. Con soglie di sbarramento alte e preferenze, FI e Mdp ne usciranno con le ossa rotte, ma se l’M5S ci sta, è fatta”.
NB: I tre articoli sono usciti sul Quotidiano Nazionale il 7, 8 e 10 aprile 2017.