NEW! La nuova legge elettorale: il Mattarellum rovesciato o Rosatellum bis, tutto quello che c’è da sapere

NEW! La nuova legge elettorale: il Mattarellum rovesciato o Rosatellum bis, tutto quello che c’è da sapere

21 Settembre 2017 1 Di Ettore Maria Colombo

Scrivo a sole poche ore dal deposito del nuovo testo di legge elettorale alla Camera dei Deputati, quindi chiedo da subito venia per qualche possibile errore o omissione. Ps. Grazie al professor Stefano Ceccanti per le sue considerazioni prese dal suo blog. 

 

 

Che cos’è il ‘Mattarellum rovesciato’ o ‘Rosatellum 2.0’

 

 

Il nuovo testo di legge elettorale che il Pd, attraverso il relatore Emanuele Fiano, ha presentato oggi in commissione Affari costituzionali della Camera si può definire un “Mattarellum rovesciato” perché prevede l’assegnazione dei seggi in proporzione quasi esattamente rovesciata rispetto al Mattarellum (che, ricordiamolo, prevedeva il 75% di collegi maggioritari e il 25% di recupero proporzionale con il meccanismo dello scorporo): in questo caso il 64% dei seggi viene attribuito con metodo proporzionale e il 36% in collegi maggioritari a turno unico. Il nuovo sistema prevede la possibilità di stringere coalizioni tra partiti diversi, ma non l’indicazione del capo della coalizione. Il nuovo sistema viene anche chiamato “Rosatellum bis” o ‘2.0’ dal nome del capogruppo alla Camera del Pd, Ettore Rosato, che – prima del fallimento del ‘sistema tedesco’ puro in Aula a giugno – aveva presentato un sistema elettorale metà maggioritario e metà proporzionale (50% e 50%) che era stato chiamato ‘Rosatellum’. Identico testo è stato depositato dal Pd anche al Senato, dove però l’esame della legge elettorale arriverà solo in seconda lettura.

I principali e peculiari elementi del nuovo sistema elettorale.
Si tratta, in via generale, di un sistema elettorale proporzionale (al 64% dell’attribuzione dei seggi di entrambe le Camere) con una robusta correzione di maggioritario (36%) che funge, di fatto, come una sorta di premio di maggioranza ‘mascherato’. Chi strappa più collegi, cioè, aumenta – se da solo o, ancora meglio, se in coalizione – i suoi seggi in Parlamento rispetto ai voti che prende, con metodo proporzionale, nei collegi plurinominali. Infatti, le coalizioni non solo sono ammesse, ma incentivate: per vincere più collegi possibili (231 alla Camera, 102 al Senato) è meglio allearsi tra più partiti che sostengono il singolo candidato perché, nei collegi uninominali, ‘il primo che arriva prende tutto’. Il voto al candidato di collegio può avere, dunque, un effetto di trascinamento sulla parte proporzionale perché il voto e il candidato saranno i più visibili. Resta il problema delle liste corte (così vuole la Consulta perché siano riconoscibili i candidati) ma bloccate. I leader e maggiorenti dei vari partiti imporranno quindi le loro scelte e decisioni per il 64% dei seggi di Camera e Senato. La soglia di sbarramento per i singoli partiti è bassa (3%) mentre per le coalizioni è più alta (10%) ma non impossibile da ottenere. In ogni caso, solo una coalizione che ottenga più del 35-37% nella parte proporzionale (almeno 250 deputati e 100 senatori) e riesca a strappare più di 100 collegi alla Camera e più di 50 al Senato può sperare di avere discrete chanches di godere di una maggioranza parlamentare omogena in entrambi i rami del Parlamento. Allo stato attuale dei sondaggi, solo il centrodestra potrebbe riuscirci. Per una valutazione più sistemica rimando alle parole del professore Stefano Ceccanti tratte dal suo blog: “Dal punto di vista della rappresentanza il sistema sarebbe  decisamente migliorativo perché adotterebbe le soluzioni europee (liste bloccate corte e collegi uninominali maggioritari) invece dell’anomalia italiana, tra le grandi democrazie, del voto di preferenza. Dal punto di vista della governabilità quasi nulla cambierebbe, nel senso che se le opzioni degli elettori restano frammentate, senza una lista o coalizione che superi il 40%, dalle urne non uscirà nessun vincitore e si cercherà di comporre difficili coalizioni post-elettorali con ruolo rilevante della Presidenza della Repubblica. Vi è solo una piccola differenza, nel senso che si inserisce un limitato correttivo maggioritario legato ai collegi, mentre nelle leggi vigenti la disproporzionalità era solo dovuta allo sbarramento e alla soglia del 40%, difficilmente raggiungibile, per accedere al premio Camera”.

Camera e Senato: la definizione di circoscrizioni e collegi
La Camera dei Deputati (630 seggi) è divisa in 28 circoscrizioni (pari alle 20 regioni ma con le regioni più grandi ‘spacchettate’ in più circoscrizioni), 231 collegi uninominali (compresi i sei collegi uninominali del Trentino Alto-Adige), 386 collegi plurinominali, i 12 collegi per i deputati eletti all’Estero con metodo proporzionale e un collegio uninominale singolo per la Valle d’Aosta. Il Senato (315 seggi elettivi, il resto sono senatori a vita, oggi cinque) conta 20 circoscrizioni (pari alle 20 regioni), 102 collegi uninominali (più uno del Molise, uno della Valle d’Aosta e i cinque del Trentino, totale 109), 206 collegi plurinominali e i 6 collegi dei senatori eletti all’Estero (con metodo proporzionale).
Nei 232 collegi uninominali della Camera (225 in 18 regioni, 1 in Val d’Aosta e 6 in Trentino Alto Adige) è eletto il candidato che arriva primo. 12 deputati sono eletti come sempre nei collegi esteri con metodo perfettamente proporzionale. I restanti 386 seggi  sono attribuiti con la proporzionale, metodo del quoziente intero e più alti resti: gli sbarramenti sono del 10% per le coalizioni e del 3% per le liste, nonché del 20% regionale (o due collegi vinti) per le liste delle minoranze linguistiche. 
Al Senato i collegi saranno, quindi, in totale 109 (102 in 18 regioni, compreso quello del Molise, 1 in Val d’Aosta e 6 in Trentino Alto Adige). 6 sono gli eletti all’estero. I restanti 206 sono eletti con la proporzionale seguendo lo stesso metodo della Camera.
L’articolo 1 della proposta di legge Fiano si riferisce alla Camera dei Deputati, l’articolo 2 al Senato, l’art. 3 delega al governo per il ritaglio di collegi e circoscrizioni.

Sbarramento al 3% per le liste, al 10% per coalizioni nazionali
Lo sbarramento nazionale per ogni lista è fissato al 3% dei voti sia alla Camera che al Senato. E’ possibile formare delle coalizioni tra partiti ma queste dovranno avere carattere nazionale: non ci si può alleare, cioè, tra partiti diversi in regioni diverse né, tantomeno, in collegi e in circoscrizioni plurinominali diverse. Le coalizioni devono superare uno sbarramento nazionale del 10% e, altro particolare importante, per le coalizioni “non vengono computati i voti dei partiti che non hanno superato l’1% dei voti”, il che vuol dire che i voti sotto l’1% sono persi sia per una lista (che deve comunque superare il 3%) sia per la coalizione (10%). I partiti in coalizione “devono presentare candidati unitari nei collegi uninominali” e l’elettore non può votare partiti in coalizioni diverse.
La scheda elettorale: le quote di genere.
La scheda elettorale è unica. Non è ammesso il voto disgiunto (cioè votare per un candidato di un partito o coalizione e il partito o coalizione che sostiene un altro candidato sempre nel collegio). Non è possibile lo scorporo (scorporare dalla parte maggioritaria la quota proporzionale come era invece possibile nel Mattarellum) e sono rispettate le quote di genere nei collegi come nei listini: nessun genere può superare il 60% nella composizione delle liste.

 

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La scheda elettorale del Rosatellum

La scheda elettorale: come è fatta.
La scheda elettorale prevede due tipi di voto in un’unica scheda. Da un lato si vota il candidato nel collegio uninominale, che può essere sostenuto da uno o più partiti (sono ammesse le coalizioni), sotto il suo nome figurano il partito o i partiti che lo sostengono con uno o più simboli per individuarli. Accanto al simbolo del partito che sostiene il candidato nel collegio compariranno i nomi dei candidati nei collegi plurinominali eletti con il proporzionale. I listini saranno corti e bloccati: il numero dei candidati non può essere inferiore a due e superiore a quattro. Ci si potrà candidare al massimo in tre listini proporzionali diversi (le multi-candidature) e un candidato di un collegio potrà essere presente in non più di tre diversi listini proporzionali, ma potrà evidentemente optare per il listino, dove viene di fatto ‘paracadutato’, solo se perde il collegio. Infatti, essendo il collegio uninominale maggioritario se il candidato di un partito o coalizione vince il collegio terrà quello.

La scheda elettorale: come si vota.
Il voto al candidato nel collegio uninominale e al partito vale ‘doppio’: vale cioè come voto al candidato nel collegio e al partito. Il voto solo al partito di una coalizione vale automaticamente come voto al candidato nel collegio di quel partito o coalizione. Il voto solo al candidato del collegio dovrebbe non finire non attribuito ma estendersi, in modo proporzionale, rispetto al partito o ai partiti che lo sostengono in quel collegio, per impedire che quello stesso voto si disperda ma questo punto è ancora oggetto di discussione tra i partiti.
“L’elettore – scrive sempre il professor Ceccanti – dà dunque  un voto unico che vale per una lista proporzionale bloccata corta in una circoscrizione plurinominale e per il candidato nel collegio uninominale. Se più liste sono collegate in una coalizione ad un medesimo candidato uninominale e l’elettore vota solo il candidato nel collegio, i voti così espressi sono spalmati pro quota tra le liste proporzionali secondo le opzioni già espresse dagli altri elettori (ad es. se 9 elettori votano solo il candidato e ci sono due liste collegate, di cui la prima col doppio dei voti della seconda, 6 voti si spalmano sulla prima e 3 sulla seconda). Le coalizioni devono essere omogenee sul piano nazionale”.

I possibili tempi di approvazione della nuova legge elettorale
Dopo la presa in visione, oggi, del nuovo testo base della legge elettorale, Mazziotti, presidente della Prima commissione Affari costituzionali della Camera, ha fissato a martedì prossimo 26 settembre le prime votazioni del testo base in commissione e a al giorno dopo il termine per la presentazione degli emendamenti. Impossibile, dunque, che il provvedimento approdi in aula il 29 settembre, come stabilito dall’ultima conferenza dei capigruppo. Mazziotti ha spiegato che la maggior parte dei gruppi avrebbe chiesto che il testo vada in Aula il 4 ottobre, perché se è vero che ci sarà comunque il contingentamento dei tempi (cioè la possibilità di votare il testo in modo spedito in Aula), un eventuale suo slittamento potrebbe “incrociarsi” con la sessione di bilancio che inizia il 15 ottobre, ma il cui iter partirà stavolta dal Senato. Dunque, la legge elettorale – se non succederà nulla, cioè se non verrà affossata dai voti segreti (previsti e possibili alla Camera, preclusi invece, in materia elettorale, al Senato) – potrebbe vedere la luce, alla Camera, entro il 15 ottobre e passare poi al Senato, una volta che questi abbia esaurito la prima lettura della Legge di Stabilità. In sostanza, se tutto andasse bene, e anche se la Camera dovesse riprendere in mano il testo in seconda lettura a seguito di eventuali modifiche del Senato, la legge potrebbe essere varata tra novembre e dicembre, di fatto in coincidenza della sessione di bilancio. Un azzardo, certo, che l’ultima volta che è stato tentato, sulla legge elettorale, a giugno, è subito naufragato, alla Camera. Presto si vedrà se anche questa legge elettorale finirà al macero o se, invece, diventerà il nuovo modo con cui gli italiani voteranno.

Chi appoggia il testo, in Parlamento, e chi no.
Il testo base della nuova legge elettorale è presentato dal Pd (Fiano) alla Camera e dal renziano Marcucci al Senato: gode quindi dei favori della maggioranza del partito di Renzi. Le minoranze (Orlando e Emiliano) si sono espresse, cautamente per ora, ma sostanzialmente a favore di questa nuova legge elettorale. Forza Italia ha detto sì, seppure tra qualche mal di pancia, specie degli azzurri del Sud, a rischio nei collegi di elezione. La Lega si è da subito detta a favore. Fratelli d’Italia è contro perché ritiene il disegno di legge “a favore dei nominati”, ma non farà le barricate. L’M5S è contro e ritiene questo tentativo un “Imbrogliellum”. Mdp è ferocemente contraria, Sinistra italiana un po’ meno, Campo progressista di Pisapia ha espresso critiche non feroci. Alternativa popolare di Alfano è a favore e così Ala di Verdini. Altri gruppi minori che stanno nel gruppo Misto (Psi, etc.) pure. E’ troppo presto per dire a chi convenga la nuova legge elettorale, ma di certo penalizzerebbe i Cinquestelle (che non si coalizzano con nessuno e sono deboli, come singoli candidati, nei collegi), la ricomposizione di una sinistra-sinistra forte e larga (la soglia al 3% non incentiva le sommatorie della galassia della sinistra), ma anche partiti piccoli o piccolissimi non coalizzabili e che, da soli, non possono pensare di superare il 3% (Ap di Alfano, per dire, rischia molto se non riesce a entrare in coalizione col Pd o con Fi). Invece, questa legge può favorire, ma non eccessivamente, il Pd (sempre che riesca a fare una coalizione con soggetti centristi da un lato e di sinistra dall’altro), specie se piazza buoni e competitivi candidati al Centro e al Sud, e può favorire fortemente il centrodestra che, non più obbligato a fare un ‘listone’ unico, può differenziare la sua proposta politica nella parte proporzionale (FI, Lega, Fd’It, Federazione delle Libertà, altri soggetti neocentristi) e presentare candidati forti di consenso sia al Nord che al Sud.


NB: Questo articolo è stato scritto in forma originale per questo blog il 21 settembre 2017.