Pd, si riapre la frattura tra aventiniani e dialoganti. Franceschini contro Renzi. Martina media. Due vicepresidenti, il resto zero sulle cariche istituzionali
30 Marzo 2018-
Pd umiliato anche alla Camera. E l’ala governista spacca il partito. Franceschini-Orlando contro Renzi che fa muro: l’opposizione ci farà bene.
Ettore Maria Colombo – ROMA
Camera dei deputati, uffici del gruppo dem, prima mattina. E’ convocata l’assemblea dei deputati del Pd, la prima guidata dal neo-capogruppo, Graziano Delrio, il quale si limita a ricordare, in apertura, che “I 5Stelle ci hanno escluso dal collegio dei questori, una cosa molto grave”. Si dovrebbe discutere, infatti, di come presentarsi alle votazioni sugli organi che dovranno completare l’ufficio di presidenza della Camera. Detto per inciso, il Pd otterrà di eleggere solo un vicepresidente, Ettore Rosato, ma nessun questore, una carica nevralgica per governare gli interna corporis del Senato, su tre , e nessun segretario d’aula, su otto. Bilancio magro, considerando che anche al Senato il Pd ha ottenuto poco: un vicepresidente e punto, zero questori, zero segretari d’aula. Insomma, una debacle. Ma i guai del Pd non sono solo questi, sono appena iniziati. Non preventivato, prende la parola Dario Franceschini e lascia tutti a bocca aperta. Si tratta non solo del ministro alla Cultura, ma di un ex segretario, di un sempiterno big del Pd e soprattutto del front runner della linea della ‘trattativa’ a oltranza, contro quella dell’opposizione a oltranza, impersonata da Renzi, rispetto al futuro governo. Due linee opposte non solo verso un governo di responsabilità nazionale, ma anche verso un governo con i 5Stelle, prateria a ieri inesplorata, tranne che dal pistolero Michele Emiliano e dai suoi. Dopo aver tentato, sottotraccia, diversi abboccamenti con i 5Stelle per cercare di portare a casa la presidenza della Camera (per sé? Non si sa), Franceschini era rimasto a lungo silente.
Ora, invece, Franceschini parla, dice lui che è il Pd che “è restato silente troppo a lungo, mentre i fatti si susseguono”, che “non si può andare al Colle teorizzando l’Aventino” e chiede di tenere un’assemblea congiunta dei gruppi di Camera e Senato e di riunire anche la Direzione del partito, ma soprattutto di farlo ‘prima’ che inizino le consultazioni al Colle. Tradotto: bisogna ragionare, con tutti, sul governo.
Verini, Pollastrini e Piero Fassino, un big, lo appoggiano. Subito dopo parla Orlando, come in una staffetta: del resto proprio lui, con Franceschini, aveva stabilito la strategia, su un divanetto di Montecitorio. La prende da un altro lato, Orlando, ma il succo resta quello: “Se dobbiamo stare all’opposizione bisogna discutere che tipo di opposizione dobbiamo fare. Se è di sinistra è un conto, se non lo è no. L’hastag ‘tocca a loro’ va bene per un tweet ma non è una risposta politica, bisogna dire che fare”. I renziani mangiano la foglia e parte la contraerea. Lorenzo Guerini non ha conquistato i galloni di capogruppo, ma conta ancora molto, e replica secco, con fare poco diplomatico, lui che è sempre stato ‘il Forlani’ di Renzi: “Il Pd starà all’opposizione, come deciso in Direzione, non serve convocare i gruppi prima, casomai lo faremo dopo le consultazioni”. Il presidente dem, Matteo Orfini, va via subito dalla riunione ma poi, in Transatlantico, la mette giù anche più dura: “Se qualcuno pensa di fare una maggioranza con M5S lo dica chiaramente e ne discutiamo, io sono contrario”. A quel punto urge un intervento di Renzi per rincuorare le truppe, diversamente sbandate. In una Enews stilata all’uopo Renzi ribadisce che “La situazione politica è chiara, il Pd starà all’opposizione, che si può fare pure bene, come spiega splendidamente Pierluigi Castagnetti” (perfidia speciale di Renzi, questa: citare l’antico oppositore di Franceschini dentro il Ppi…).
I fronti sono schierati, manca solo la voce di Martina, il quale però cerca di dare un colpo al cerchio e uno alla botte: in assemblea frena, contro Franceschini, assicurando che il Pd “convocherà gruppi e Direzione ‘dopo’ le consultazioni”, poi in serata afferma che “il Pd starà all’opposizione, ma non siamo nel freezer, siamo disponibili al confronto”. Insomma, prova a mediare, ma Renzi – che lo ha chiamato inviperito – tira da una parte, Franceschini, Orlando e Fassino dall’altra. La guerra interna al Pd è solo iniziata, le polveri hanno preso fuoco e riguarderà anche la corsa a chi farà il segretario (ieri si è candidato Matteo Richetti, non si sa se per conto di Renzi o in modo solitario: in ogni caso dà appuntamento ai suoi fans per il 7 aprile all’Aquario romano), non si sa ancora se con una votazione dentro l’Assemblea nazionale (la data che gira è quella del 22 aprile) o se con le primarie. Ma c’è un punto che Renzi sottolinea sempre con i suoi: “Non solo mi basterebbe avere pochi parlamentari, con me, per far saltare un governo coi 5Stelle, ma la maggior parte dei gruppi è sulle mie posizioni. Staremo all’opposizione”. Infine, sullo sfondo, ma attivo, c’è anche Paolo Gentiloni: i big dem vorrebbero tirarlo dalla loro parte e fargli prendere parte attiva allo scontro interno, facendolo schierare contro Renzi, ma lui è ancora premier e prima di rompere pubblicamente, e clamorosamente, con il suo ex dante causa ci deve pensare. Il guaio è che ci sta pensando.
NB: Questo articolo è stato pubblicato sul Quotidiano Nazionale il 30 marzo 2018.
2. I democrat restano a bocca asciutta al Senato. Renzi: “I gruppi li controllo io”.
L’ha ribloggato su Alessandria today.
grazie per tutti i re.blog!