Dizionario della crisi di governo 2019/1. Si apre il rito delle consultazioni al Colle

Dizionario della crisi di governo 2019/1. Si apre il rito delle consultazioni al Colle

20 Agosto 2019 1 Di Ettore Maria Colombo

 

Torna il ‘Dizionario’ della Crisi di governo, anno 2019, che si affianca a quello dell’anno scorso , rintracciabile a questo indirizzo web:Il “Dizionario della crisi di Governo” più lunga nella storia d’Italia, quella del 2018
 Si parte con le Consultazioni. Cosa sono, a cosa servono, come si svolgono, aneddoti e richiami storici e politici della storia repubblicana

Premessa politica. Conte si è dimesso.
Si aprono le consultazioni al Colle

 

Governissimo? Governo tecnico? Governo elettorale? Riedizione di un governo gialloverde sotto forma di ‘governo di scopo’ per il taglio del numero dei parlamentari e per varare la manovra sempre sotto l’egida gialloverde? E guidato da chi? Ma soprattutto nascerà un nuovo governo, in Italia, o si andrà presto alle urne? Per ora, quien sabe? Non si sa, ma è possibile ipotizzare alcuni ‘scenari’.

 

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Foto di gruppo durante il giuramento del governo Conte al Quirinale, Roma, il 1 giugno 2018 (foto ANSA/ALESSANDRO DI MEO)

 

Innanzitutto, va detto che siamo agli atti finali del governo Conte che, ieri pomeriggio, ha scelto di recarsi, in qualità di presidente del Consiglio ancora in carica, a palazzo Madama (dove prese, più di un anno fa, la prima fiducia) per tenere le sue ‘comunicazioni’ su una crisi politica che è nei fatti, ma che non era stata ancora realmente formalizzata. Si chiama ‘parlamentarizzazione’ della crisi ed è una scelta che Conte ha deciso di compiere, andando a dimettersi poi, a sera, da Mattarella

 

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Governo Conte, rimpastino o rimpastone? Il secondo porta al Conte bis

 

Conte, infatti, avrebbe potuto rassegnare le sue dimissioni, una volta venuta meno la fiducia della Lega, espressa in più sedi politiche dall’8 agosto (voto sulla Tav in poi), ma che non ha mai, da allora in poi, formalmente, ritirato i suoi ministri dal governo e che, addirittura, ieri sera ha ritirato anche la mozione di sfiducia presentata e depositata al Senato. Invece, Conte ha scelto di andare in aula e di ascoltare gli interventi dei vari gruppi parlamentari, dell’ex maggioranza come delle opposizioni.  Dibattito che si è concluso senza un voto in aula sulle risoluzioni dei partiti, ma con la salita al Colle di Conte per rassegnare le dimissioni nelle mani del Capo dello Stato senza essere sfiduciato, come ieri sera ha fatto, alla fine del dibattito parlamentare, annunciando in Aula la salita al Colle

 

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Il “padrone di casa” del Quirinale, Sergio Mattarella

 

Il premier, dunque, ieri ha chiesto di andare in Aula: voleva sentirsi ritirare l’appoggio della Lega al suo governo lì. Conte, però, non attende il voto su eventuali mozioni (di sfiducia della Lega o di fiducia dell’M5S) e sale al Colle, subito dopo aver ascoltato il dibattito in Aula, per dimettersi. Così, fino all’incarico a un suo successore, cioè di un nuovo governo che, giurando nelle mani del Capo dello Stato, a prescindere che tale nuovo governi prenda o meno la fiducia da parte della Camere, Conte resta premier dimissionario, ma non sfiduciato, in carica per sbrigare solo gli ‘affari correnti’.

 

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Mattarella darà il via alle consultazioni

 

 

A partire da oggi, dunque, una volta rassegnate le dimissioni, pur senza aver incassato la sfiducia, di  Conte, Mattarella darà luogo alle consultazioni di rito che inizieranno nel pomeriggio di mercoledì 21 agosto e che dovrebbero concludersi entro giovedì 22 agosto. Ascoltati tutti i gruppi parlamentari, che possono farsi accompagnare dal segretario o leader del partito di loro riferimento, il Capo dello Stato deciderà se conferire un nuovo incarico – e a chi – per formare un nuovo governo. Oppure, verificata l’impossibilità di dare vita a una nuova maggioranza, deciderà di sciogliere le Camere con un suo decreto, che va controfirmato dal premier in carica, poi si vedrà se lasciando Conte dimissionario o nominando un nuovo governo tecnico-elettorale per ‘accompagnare’ il Paese alle urne entro pochi mesi. 

 

governo Fanfani Vi dell’estate 1987

Governo Fanfani VI dell’estate 1987

E già in questo, caso scatta una prima variabile. Ove Mattarella decidesse di sciogliere le Camere e convocare, al più presto possibile, elezioni anticipate (tra 45 e 70 giorni è il tempo che deve intercorrere per indire i comizi elettorali), è vulgata comune, infatti, che il Colle non lascerebbe in carica il governo attuale, ma nominerebbe un governo ‘elettorale’. Precedenti, nella storia repubblicana, ce ne sono pochi (il governo Fanfani VI dell’estate 1987 – nominato per volontà della Dc, votato dal solo Psi, sfiduciato dalla Dc, è tra questi), ma in ogni caso si tratterebbe di un governo ‘a tempo’, che non otterrebbe la fiducia delle Camere ma che, pur sfiduciato, porti il Paese al voto.

 

Giovanni maria flick

Il presidente emerito della Consulta Giovanni Maria Flick

Per un governo di tale natura girano i nomi di costituzionalisti come Giovanni Maria Flick o Valerio Onida, quelli dell’attuale ministro del Tesoro Giovanni Tria e dell’economista Carlo Cottarelli.

Valerio Onida

Valerio Onida

Ove, però, Mattarella riscontrasse, sentite le forze politiche, la possibilità di dar vita a una nuova maggioranza, si aprono scenari molteplici e di difficile valutazione, al momento. La scelta primigenia potrebbe essere quella di un governo ‘di scopo’  detto ‘no tax’ che conduca in porto la manovra economica nei tempi stabiliti e che completi alcune riforme istituzionali rimaste ‘in coda’ all’attività delle Camere (soprattutto il taglio del numero dei parlamentari cui mirano i 5Stelle).

 

Matteo Renzi

Matteo Renzi

 

Definibile anche come governo ‘di tregua’ o, nelle dizioni che ne fanno alcuni (Renzi), governo ‘no tax’ (l’obiettivo sarebbe di disinnescare l’aumento dell’Iva e delle accise), tale governo avrebbe un orizzonte temporale limitato (giugno 2020?). Il premier potrebbe essere una personalità di spessore economico (Cottarelli) o non politico (Cantone, ma anche la vicepresidente della Consulta, Marta Cartabia), oppure un nome più esplicitamente politico (il presidente della Camera Fico).

 

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Il presidente della Camera dei Deputati, Roberto Fico

 

Terza, e ultima, ipotesi, il cosiddetto ‘governissimo’, che avrebbe ambizioni ben più lunghe, per tempi e programma (traguardare la fine della legislatura, il 2023, addirittura), ma che dovrebbe avere una base parlamentare molto solida per convincere il Capo dello Stato: M5S, Pd, LeU, centristi dovrebbero garantire al Colle la tenuta di un tale impegno. In questo caso, gira un nome solo, quello di Mario Draghi verso cui Forza Italia potrebbe avere atteggiamenti neutrali, se non già di appoggio. 

 

Mario Draghi

Mario Draghi

Ma ecco il Dizionario della crisi di governo 2019 nel suo primo capitolo, quello delle consultazioni, con tutto quello che c’è da sapere, e così pensiamo di fornire ai nostri 25 lettori, sull’argomento. 

 

Consultazioni, il luogo fisico (il Colle) 

 

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Una veduta del Quirinale con i Corazzieri a cavallo

 Viene identificato, per antonomasia, nel giornalismo politico, con il Quirinale.  La definizione di “Colle del Quirinale” viene dal latino (Collis Quirinalis) e indica uno dei sette colli sui quali venne fondata la città di Roma. Il colle del Quirinale, insieme a quello del Viminale, era anticamente detto collis per eccellenza, in contrapposizione con gli altri sei colli di Roma, detti montes. Il Quirinalis in senso stretto era l’estremità orientale della collina, dove si trovavano il tempio di Quirino e la porta nelle mura serviane. L’altezza massima del colle, 50,9 metri, si raggiunge nei giardini dell’attuale Palazzo del Quirinale. “Propriamente – scrive l’enciclopedia Treccani  Quirinale è l’aggettivo di Quirino, divinità romana (lat. Quirinus) identificata, nella leggenda delle origini, con Romolo dopo la sua apoteosi, e più tardi, in età imperiale, con Marte. Colle del Quirinale (lat. Quirinalis collis), è una delle alture di Roma, di grande importanza strategica nel periodo delle origini, e quartiere aristocratico con molti palazzi signorili, come attestano gli scavi. Oggi è il nome (proprio) del palazzo che sorge sul colle, la cui costruzione, fatta iniziare nel 1574 da papa Gregorio XIII per farne la residenza estiva dei Papifu compiuta durante il pontificato di Clemente XII (1730-40); rimasto sede papale fino al 1870,  dal 1870 residenza del re d’Italia, è, dal 1948, sede ufficiale del presidente della Repubblica. Di qui, nel linguaggio giornalistico, l’uso metonimico per riferirsi alla presidenza della Repubblica, come istituzione e come organo politico”.

“Il Colle” e “il Quirinale”, dunque, vengono considerati, nel linguaggio politico e giornalistico, due sinonimi, ma la consuetudine a chiamarli e identificarli così è antica. Ad esempio, nello studio, ancora oggi fondamentale, sulla civiltà romana, dello studioso tedesco Thedor Mommsen, la monumentale Storia di Roma, Colle e Quirinale sono già indicati come sinonimi.

Il Palazzo del Quirinale, posto sull’omonimo Colle e affacciato sull’omonima piazza, è dunque il simbolo per eccellenza dello Stato italiano. Infatti, dal 1870 è stato la residenza ufficiale del Re d’Italia (dinastia dei Savoia) e dal 1946 lo è del Presidente della Repubblica italiana. 

Costruito a partire dal 1583, è uno dei più importanti palazzi della Capitale sia dal punto di vista artistico che dal punto di vista politico. Alla sua costruzione e decorazione lavorarono insigni maestri dell’arte italiana come Pietro da Cortona, Domenico Fontana, Alessandro Specchi, Ferdinando Fuga, Carlo Maderno, Giovanni Paolo Pannini e Guido Reni. Il Palazzo si impose, soprattutto a partire dal pontificato di Paolo V Borghese come residenza stabile dei papi (il Quirinale ha ospitato 30 papi, da Gregorio XII a Pio IX), per quanto una vulgata creata ad arte lo propose, peraltro con fortuna pubblicistica, solo come residenza estiva del romano pontefice.

Il Quirinale divenne così di fatto la residenza del pontefice nella sua qualità di sovrano, complementare a quella del Vaticano, sede del papa vescovo, anche se i pontefici vi risiedettero, dicono le fonti, saltuariamente. Il Quirinale si sviluppò quale palazzo secolare, quasi senza simboli religiosi visibili e soprattutto (unico tra i palazzi apostolici con questa particolarità) privo di una chiesa aperta al pubblico. Dopo il 1870 il Quirinale divenne palazzo reale dei Re d’Italia.

Con la proclamazione della Repubblica, a seguito del referendum istituzionale del 2 giugno 1946, divenne la sede del presidente della Repubblica. Il palazzo del Quirinale ha una superficie di 110 500 metri quadrati ed è per superficie il sesto palazzo nel mondo nonché la seconda residenza di un capo di Stato (la Casa Bianca ha una superficie pari ad 1/20 di quella del Palazzo del Quirinale).

Quirinale (Staff)Il presidente della Repubblica viene aiutato, nello svolgere le consultazioni da alcuni dei suoi principali collaboratori che sono: il segretario generale Ugo Zampetti (per 15 anni segretario generale della Camera); il consigliere Daniele Cabras (figlio dell’ex parlamentare Dc Paolo Cabras), che ha il compito di verbalizzare gli incontri; i cruciali consiglieri per la comunicazione Gianfranco Astori e Giovanni Grasso; il consigliere Simone Guerrini e gli altri membri del suo staff.

 

Salire al Quirinale (o ‘salire al Colle’)

 

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Il Palazzo del Quirinale, veduta notturna

Non è una passeggiata di salute, ma la decisione del presidente del Consiglio, che lavora nella sede del governo a palazzo Chigi, di andare a confrontarsi con il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che lavora nella sede della presidenza della Repubblica, che è il palazzo del Quirinale.Il tratto di strada tra i due palazzi è, appunto, in salita poiché il Quirinale sorge sull’omonimo colle di Roma.

 

Studio alla Vetrata

E’ lo studio al piano nobile del Quirinale dove il Capo dello Stato riceve i politici per le consultazioni. Nella Loggia alla Vetrata le delegazioni, lasciato lo studio del Presidente e attraversate tre sale,rilasciano le loro dichiarazioni alla stampa. La porta da cui escono, a fianco della quale sono di guardia due Corazzieri in alta uniforme (in questo caso le uniformi sono bianche perché è estate: e anche questo è un primato…) è ormai diventata un elemento noto a tutti coloro che seguono le dirette televisive delle crisi di governo, alcune anche lunghissime e faticose, ma per lungo tempo si è aperta con difficoltà e fatica fino quasi a rompersi. Lo stesso Mattarella, rispondendo alla trasmissione tv ‘Propaganda live’ aveva annunciato “farò riparare la porta della sala stampa”. E così è stato: l’inverno scorso i restauratori che curano il Quirinale hanno lavorato per giorni e ora la porta non è più ‘imbarcata’ e ora si apre al meglio, senza scossoni.

 

Consultazioni, il calendario del 21-22 agosto 

 

Il Quirinale diffonde, in modo formale, ogni volta che si apre una crisi di governo, il calendario delle consultazioni. Si chiama ‘primo giro’ e inizierà, con grande probabilità, domani pomeriggio, con l’apertura dello studio della Vetrata al Quirinale. Nel caso che se ne debbano fare altre, cioè un nuovo ‘giro’, cambiano i giorni sul calendario, ma di solito non cambia l’ordine di apparizione dei vari gruppi parlamentari e partiti consultati: si parte dai presidenti emeriti della Repubblica in vita (in questo caso si tratta solo di Giorgio Napolitano), si passa ai presidenti delle Camere, poi si arriva ai gruppi parlamentari che vengono consultati dal più piccolo al più grande. Gruppi che possono essere accompagnati dai leader dei relativi partiti cui tali gruppi politici fanno riferimento.

Questo il calendario delle consultazioni al Quirinale dopo le dimissioni del presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, dimissioni formalizzate, ieri sera, nelle mani del Capo dello Stato, il quale ha pregato il premier di restare in carica per “il disbrigo degli affari correnti” (formula di rito). 

Giuseppe Conte è salito al Quirinale intorno alle 20.40, dopo una lunghissima discussione in Senato, nella quale aveva già annunciato che sarebbe salito al Colle per porre ufficialmente fine al governo Lega – M5s. Il colloquio con il Capo dello Stato è durato poco meno di 30 minuti.

Il presidente della Repubblica ha invitato Conte a curare il disbrigo degli affari correnti.

Le consultazioni partiranno già oggi, 21 agosto, alle 16. Il primo ad essere ascoltato sarà il presidente emerito della Repubblica, Giorgio Napolitano. Il colloquio avverrà per telefono perché il senatore a vita non è a Roma. Alle 16 il presidente della Repubblica incontrerà la presidente del Senato, Elisabetta Casellati e, alle 16.45, il presidente della Camera, Roberto Fico. Seguiranno gruppi parlamentari meno numerosi: si partirà, infatti, dal Gruppo “Per le autonomie” (Svp-Patt-Uv) alle 17.30. Seguiranno i gruppi misti di Senato e Camera, rispettivamente alle 18.00 e alle 18.30.

La prima giornata di consultazioni si concluderà con il colloquio del presidente della Repubblica con il Gruppo di Liberi e Uguali delle due Camere. Il 22 agosto le consultazioni si riapriranno con il gruppo parlamentare di Fratelli d’Italia. A seguire i gruppi del Pd (alle 11) e di Forza Italia (alle 12). Gli ultimi a salire al Colle saranno i gruppi di Lega (alle 16) e del Movimento 5 stelle (alle 17).

Dopo aver lasciato il Palazzo del Quirinale Conte è stato ricevuto a Montecitorio dal presidente della Camera, Roberto Fico, per comunicargli le sue dimissioni come già fatto col presidente del Senato

 

Consultazioni, le regole

regole

 

Una premessa è d’obbligo: riguardo al procedimento di formazione del Governo, la Costituzione dice davvero poco ed è, dunque, necessario fare riferimento a prassi, a regole non scritte e a precedenti, che ovviamente acquistano un peso di volta in volta diverso in base ai contesti.

Vediamo, innanzitutto, le previsioni costituzionali: l’articolo 92 (II comma) stabilisce che è il Presidente della Repubblica a nominare il Presidente del Consiglio dei ministri e, su proposta di questo, i ministri. L’articolo 93 prevede che il Presidente del Consiglio dei ministri e i ministri, prima di assumere le funzioni, prestano giuramento nelle mani del Presidente della Repubblica. 

L’articolo 94 prevede che il Governo deve avere la fiducia delle due Camere e che ciascuna Camera accorda o revoca la fiducia mediante mozione motivata e votata per appello nominale. Entro dieci giorni dalla sua formazione (che si fa coincidere con il giuramento dei suoi componenti) il Governo si presenta alle Camere per ottenerne la fiducia. 

La Costituzione non dice altro sulla formazione del Governo e, in particolare, su cosa debba fare il Capo dello Stato quando le elezioni non abbiano dato a nessuna delle forze politiche in campo la maggioranza parlamentare necessaria alla nascita di un nuovo Governo o quando un governo cade.

 

Consultazioni, perché si fanno

le consultazioni

Le consultazioni

 

Si procede al rito delle consultazioni ogni volta che un governo, formatosi in precedenza, cade e si dimette, nel corso di una legislatura.Si tengono, invece, le consultazioni sempre a ogni apertura di legislatura perché ogni volta che il popolo italiano vota alle elezioni politiche vuol dire che una legislatura repubblicana (quella appena eletta è la XVIII a partire dal 18 aprile 1948, la I) è terminata e un’altra si è insediata. Il rapporto tra governo e Parlamento (Camera dei Deputati e Senato della Repubblica) è fiduciario: il primo non può stare in piedi, e lavorare, senza la ‘fiducia’ del secondo che avviene tramite un voto in Parlamento. Quindi, ogni qual volta che si vota e si apre una nuova legislatura, il governo precedente – sia che sia dimissionario sia che sia nel pieno delle sue funzioni – si deve dimettere. Resta in carica, in realtà, il governo precedente per “il disbrigo degli affari correnti”.

A quel punto, appunto, si aprono le consultazioni. Le coordina il Capo dello Stato secondo un rituale antico e consolidato (prassi costituzionale) in vigore dal 1948 ma senza alcuna regola scritta, come si diceva prima. Infatti, le consultazioni non sono previste in nessuno dei 139 articoli della Costituzione. Nella Costituzione, dunque, si contempla una sola forma di governo della Repubblica, quello parlamentare, e delle consultazioni e di come regolarle non si dice nulla. Dalla nascita della Costituzione repubblicana (1948) in poi, tutti i Presidenti della Repubblica si sono avvalsi, perciò, di quella che, in gergo, si chiama prassi costituzionale.

 

Consultazioni, la prassi

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Giorgio Napolitano nel suo studio al Quirinale

 

La prassi è diventata abitudine, nella storia repubblicana e, dal 1948 ad oggi, prevede di aprire le consultazioni ascoltando i due presidenti delle Camere e, se è in vita, il presidente ‘emerito’ della Repubblica. Si tratta dell’ex Capo della Stato. Da notare che, a partire dall’elezione bis di Giorgio Napolitano, avvenuta nel 2015 dopo il suo primo mandato (2008-2015) e nonostante le sue dimissioni anticipate nel 2017, si tratta dell’unico ex Capo di Stato eletto due volte. Dopo aver ascoltato le cosiddette “alte cariche istituzionali” citate, il Presidente della Repubblica passa all’ascolto di tutti i gruppi parlamentari e dei loro rappresentanti ‘legali’ (i capigruppo) che si sono formati nel nuovo Parlamento all’atto dell’apertura delle nuove Camere, dell’elezione dei loro presidenti e dei relativi uffici di Presidenza.

 

Consultazioni, perché i gruppi parlamentari ‘e’ i partiti

 

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La hall del Quirinale

 

La salita al Colle dei diversi gruppi parlamentari prevede, alla fine del colloquio con il Capo dello Stato nel suo ufficio, delle brevi considerazioni, davanti alla Stampa, nello studio alla Vetrata del Quirinale, di ognuno dei gruppi parlamentari tramite un loro portavoce o più d’uno. Le consultazioni da parte del Presidente avvengono con moto ascendente, cioè dal più piccolo al più grande, secondo la consistenza numerica dei gruppi. Da notare che la consistenza dei gruppi parlamentari, regola aurea per decidere chi sale prima e chi dopo al Quirinale, è data dalla loro somma algebrica nelle due Camere e non dal fatto che un gruppo sia più forte in una Camera o nell’altra. Ma le delegazioni delle forze politiche che hanno diritto a essere consultate attraverso i loro gruppi parlamentari non seguono, a loro volta, alcuna regola scritta, ma solo consuetudini.

 

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Il presidente Einaudi

 

Il presidente Einaudi voleva che fossero solo i capigruppo dei diversi gruppi parlamentari a guidarle, senza i segretari di partito, ma la regola poi è saltata e, sempre più spesso, sono stati ammessi alle consultazioni anche i capi partito, sia che ne fossero i segretari sia che ne fossero i presidenti o entrambe le figure o, anche, con la presenza di altre figure (vicesegretari di partito, coordinatori nazionali, etc.).

 

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I colori dei vari gruppi parlamentari e dove siedono a Montecitorio

 

I soggetti consultati sono, dunque, i gruppi parlamentari, non direttamente i partiti, semplici associazioni private, ma la loro “emersione istituzionale”: sono i gruppi parlamentari gli unici soggetti che possono essere consultati dall’Istituzione-Presidente della Repubblica per decidere chi debba creare l’Istituzione-Governo e sono loro a portare la voce della terza Istituzione-Parlamento nella quale si auspica si formi una maggioranza politica che guiderà la scelta del capo dello Stato. Le forme sono, dunque, sostanza. I segretari o presidenti ei partiti non sono gli invitati, ma semplicemente completano (e “guidano” come riferisce la stampa) la “delegazione” dei partiti.

 

Gli ‘strumenti’ del Colle: mandato esplorativo e pre-incarico 

 

Nel corso dell’esperienza repubblicana (e, in particolare, in quella segnata dalla vigenza di un sistema elettorale prevalentemente proporzionale), si sono affermate, dunque, delle prassi a cui i Presidenti della Repubblica hanno fatto riferimento nei momenti d’incertezza. In base a tali prassi, il Capo dello Stato svolge le consultazioni e può avvalersi di alcuni strumenti funzionali a acquisire informazioni utili alla formazione di un Governo in grado di ottenere la fiducia delle Camere: mandato esplorativo e preincarico sono i due principali metodi che il Capo dello Stato usa.

(vedi anche alle voci del Dizionario della crisi di governo/2: Il Colle e le formule politiche di rito: Dizionario della crisi di governo 2019/2. Il Colle e le formule politiche dei governi possibili)

Il mandato esplorativo è attribuito dal Capo dello Stato a una personalità al di sopra delle parti – fino a ora sono sempre stati indicati, per ‘esplorare’, il Presidente del Senato o quello della Camera – allo scopo di proseguire e integrare l’attività istruttoria già svolta dal Presidente della Repubblica.

Il preincarico, invece, viene conferito a chi il Capo dello Stato ritenga di dover, solo in un secondo momento, affidare il vero e proprio incarico ‘pieno’ di Presidente del Consiglio, qualora si confermi la sussistenza delle condizioni necessarie alla formazione del Governo, dopo che il presidente del Consiglio pre-incaricato è tornato a ‘riferire’ al Quirinale sull’esito delle sue personali consultazioni.

Il premier preincaricato, nella veste di candidato in pectore, può svolgere consultazioni più ristrette ed acquisire elementi utili allo scopo di formare il nuovo Governo. Il preincarico non è un vero incarico: fintanto che il Presidente della Repubblica non conferisce formalmente al premier ‘pre-incarico’ o a una nuova personalità ancora l’incarico di Presidente del Consiglio, il precedente Governo continua a svolgere le proprie funzioni, seppure limitate all’ordinaria amministrazione.

Il Governo, infatti, non è un organo a termine (come, invece, lo sono le Camere, che durano cinque anni), ma cessa al verificarsi di determinate condizioni (politiche, come l’approvazione di una mozione di sfiducia o il voto contrario su una questione di fiducia, o non politiche, come la morte del Presidente del Consiglio o la cessazione o la sospensione dalla carica di quest’ultimo per motivi riguardanti la sua persona). Inoltre, come si sa, quando il Capo dello Stato nomina il nuovo Governo, questo, entro dieci giorni dal giuramento, si presenta alle Camere per ottenerne la fiducia.

Nel caso in cui il premier incaricato non ottenga la fiducia delle Camere, il Governo nominato deve dimettersi, ma rimanendo in carica, come Governo dimissionario, per il disbrigo degli affari correnti, fino a quando un altro Governo non ne prenderà il posto. Tale ipotesi si è verificata, nella storia repubblicana in cinque casi: nel 1953, con l’VIII Governo De Gasperi; nel 1954, con il I Governo Fanfani; nel 1972 e nel 1979  con il I e il V Governo Andreotti e, nel 1987, con il VI Governo Fanfani.

 

Consultazioni, due curiosità su due leader ‘sui generis’…

 

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Silvio Berlusconi

 

Silvio Berlusconi, nelle consultazioni seguenti alle dimissioni del governo Renzi e alla nascita di quello Gentiloni (2015), è salito al Colle pur essendo un senatore decaduto dalla sua carica, nonché un condannato per frode fiscale (presidente Mattarella).

 

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Beppe Grillo nel 2013

 

Beppe Grillo, nel 2013, era un capo politico leader solo di un blog, non del Movimento 5Stelle, e, a sua volta, era un condannato per omicidio colposo (presidente della Repubblica era Napolitano). Il presidente Scalfaro, nel 1993, rifiutò che salissero al Quirinale, per le consultazioni, tutti i leader di partito colpiti da avvisi di garanzia.

Politica e consultazioni. Cosa erano e cosa sono diventate

 

Le consultazioni presso il Quirinale per formare un nuovo governo sono tenute dal Capo dello Stato e sono forse il solo passaggio politico regolato dalla prassi, anziché da specifiche disposizioni: la Costituzione neppure le cita.

prima repubblica

Nascita della Prima Repubblica

 

Durante l’intera Prima Repubblica (1946-1992) le consultazioni hanno sempre costituito una pratica rapida, discreta e priva di grande e vero rilievo pubblico. Tra la fine degli anni Cinquanta e la fine degli anni Settanta i governi magari duravano poco, ma le crisi di governo si risolvevano in poche settimane. Così è avvenuto sia durante la fase del centrismo (1948-1960) sia durante il primo  centrosinistra (1960-1968) che il secondo centrosinistra (1968-1976). Infatti, anche quando la Dc, dopo la stagione del centrismo, apre e stabilizza la stagione del centrosinistra le due formule politiche si rincorrono tra loro, di governo in governo, alternandosi o confondendosi quasi senza soluzione di continuità e le crisi di governo (e, dunque, le relative consultazioni) servivano più che altro a ratificare i nuovi equilibri tra le correnti e i capi-corrente della Dc o pure variazioni di status tra i membri delle coalizioni di allora, cioè sostanzialmente il centrosinistra della Prima repubblica.

 

manuale cencelli

Il manuale Cencelli

 

Il Manuale Cencelli, anche prima che venisse ‘costituzionalizzato’ in modo rigido, offriva una solida base per aggiustare pesi e contrappesi tra i partiti di governo, sempre gli stessi (Dc, Psi, Psli-Psdi, Pri, Pli). Dunque, per l’intera Prima Repubblica le consultazioni al Quirinale sono state un rito che non riservava grandi sorprese e che veniva affrontato anche con una certa apatia dai partiti.

Lo schema vedeva il presidente della Repubblica prendere scelte scontate e operare ratifiche notarili delle volontà dei partiti, decise per lo più dalla segreteria politica della Dc. Vigendo la conventio ad excludendum nei confronti della destra (Msi) e della sinistra (Pci), il sistema politico era bloccato: con Pci e Msi, pur presenti a ogni tornata elettorale, nessun governo poteva essere formato, da parte dei partiti ‘legittimati’ a governare (Dc e partiti laici).

Enrico Berlinguer e Aldo Moro Roma 1977

Roma, 28 giugno 1977. Una stretta di mano tra il segretario comunista Enrico Berlinguer e il presidente democristiano Aldo Moro, i principali fautori dell’opera di riavvicinamento tra le rispettive (e opposte) forze politiche, il Partito Comunista Italiano e la Democrazia Cristiana

 

Le cose cominciano a cambiare quando l’Italia inizia a sperimentare una certa mobilità elettorale: il rito delle consultazioni si fa più complicato e ansiogeno. Così, i giorni di crisi salgano a 50 circa per formare i governi di centrosinistra del post-68 e schizzano a oltre 70 giorni nella fase dell’avanzata elettorale del Pci negli anni ’70, dominata dalla paura di un imminente ‘sorpasso’ sulla Dc e dalla necessità di superare la conventio ad excludendum proprio al fine di inglobare il Pci nella responsabilità di governo. Ecco che, perciò, le consultazioni iniziano a seguire itinerari tortuosi, talvolta ai limiti del bizzarro.

Non a caso, un pluri-protagonista del rito delle consultazioni è stato senza dubbio Giulio Andreotti nei tre governi che ha formato nella drammatica legislatura compresa tra il 1976 e il 1979.

 

 

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Simbolo Pci

 

E’ in questa fase che si consolida la prassi delle consultazioni a largo raggio: il rito delle consultazioni diventa barocco, elefantiaco, parossistico. E, dopo le consultazioni del presidente della Repubblica, subentrano anche le consultazioni del presidente del Consiglio incaricato: vengono messi in fila, da questi, nelle sue, di consultazioni, anche sindacati, associazioni d’impresa, esponenti delle altre istituzioni. La rete di dialogo intessuta intorno ai possibili equilibri del governo che deve nascere diventa sempre più larga e, insieme, indecifrabile.

Infine, ecco il passaggio dal sistema elettorale proporzionale al sistema maggioritario, la grande rivoluzione degli anni Novanta: avrebbe dovuto, in teoria, semplificare le cose. Un vincitore, un possibile premier, pochi giorni di colloqui, una maggioranza sicura. Invece, non è andata così. 

 

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Seconda Repubblica

 

L’aspettativa generale diventa qualcosa di simile al modello inglese (detto anche “modello di Westminster”) dove tutto è così automatico che non è neppure previsto un voto parlamentare e la fiducia al governo si ritiene “presuntivamente concessa” fino a prova contraria, ma le cose, in Italia, non sono mai andate così, neppure nella Seconda Repubblica.

 

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record

 

I record delle consultazioni più lunghe

 

Tra i record delle consultazioni più lunghe, nella nostra storia repubblicana, ci sono, infatti, proprio due governi della Seconda Repubblica: il governo Dini, che nasce dopo ben 127 giorni di trattative e il II governo Prodi che ha bisogno di 104 giorni per vedere la luce. Anche il II governo Berlusconi ha bisogno di 50 giorni di consultazioni per nascere. Nel primo caso (il governo Dini) si trattava di convincere i partiti a sostenere un governo tecnico, nel secondo caso (il II governo Prodi) di varare una coalizione di governo, l’Unione, che si presenta al Quirinale con ben 11 delegazioni (un altro record), sostenuta dall‘intera sinistra parlamentare (compresa Rifondazione comunista) fino a pezzi del centro moderato (come l’Udeur).

La storia delle consultazioni, dunque, aiuta a capire la politica italiana perché racconta del suo Dna, infinitamente cauto e circospetto. Né vincitori né vinti hanno mai fretta quando si determina una svolta politica e anche le forze più dirompenti e nuove, come Lega e M5S, durante la crisi di governo del 2018 che ha portato, dopo tre mesi di consultazioni (marzo-maggio 2018), alla nascita del governo Conte e dell’alleanza gialloverde. Anche M5S e Lega, cioè, messe davanti allo specchio della responsabilità di governo, sono diventati circospetti come giocatori di scacchi e prudenti come vecchi democristiani di rito forlaniano. Non a caso, appunto, ci hanno messo 3 mesi per un governo. 

 

Salvini (Lega) e Di Maio (M5S)

Salvini (Lega) e Di Maio (M5S)

 

 

 

Le consultazioni. Una piccola aneddotica storico-politica

einaudi luigi

Luigi Einaudi

 

Inaugurate dal primo presidente della Repubblica, Luigi Einaudi, le consultazioni non sono un obbligo, dunque, ma una consuetudine o, se si preferisce, una prassi. Il Presidente della Repubblica le organizza come meglio crede. Abbastanza nutrita è l’aneddotica in merito. Riportiamo qui solo alcuni degli episodi più gustosi. 

Enrico De Nicola

Enrico De Nicola

 

Il primo Capo provvisorio dello Stato, Enrico De Nicola (1946-’48), noto per la sua proverbiale scaramanzia,quando s’insedia al Quirinale inizia a mostrare ai suoi ospiti, durante le consultazioni, una misteriosa agenda in pelle nera, dicendo a ognuno di loro “Sto scrivendo la prassi repubblicana, quello che deve e non deve fare un Presidente“. 

 

giulio andreotti

Giulio Andreotti

 

Quel taccuino erano tanti fogli bianchi. Infatti, nel 1948 De Nicola toglie il disturbo e il Parlamento elegge al suo posto il liberale Luigi Einaudi,Giulio Andreotti, sottosegretario di De Gasperi, si ricorda dell’agenda e la cerca. Viene rinvenuta, ma con sorpresa, racconta lo stesso Andreotti in un suo libro, “rimanemmo allibiti scoprendo che De Nicola non vi aveva scritto neanche una riga…”.

 

Attilio piccioni

Attilio Piccioni

 

Sempre Einaudi tiene le sue ‘personalissime’ consultazioni, per ben due volte, non al Quirinale, ma nella sua residenza privata della Caprarola: sia per nominare, come presidente del Consiglio incaricato, Attilio Piccioni, che però deve subito rinunciare all’incarico, nel 1954, sia quando nomina – d’imperio – presidente del Consiglio l’ex ministro del Bilancio dell’ultimo governo De Gasperi, Giuseppe Pella, per un governo ‘del Presidente’ (allora si usava la definizione di “governo d’affari”), governo che però scontava l’ostilità del suo stesso partito, la Dc, tanto che questa lo impallina e, in pochi mesi, il governo Pella cade.  In ogni caso, Einaudi aveva incaricato Pella senza neppure dare luogo a vere e proprie consultazioni.

 

giuseppe pella

Giuseppe Pella (AP-PHOTO) 16.02.1955

 

Ma è durante la prima fase del centrosinistra ‘organico’, negli anni Sessanta, che iniziano a registrarsi consultazioni e, dunque, crisi di governo più prolungate e complesse.
Ma un pluri-protagonista del rito delle consultazioni è stato senza dubbio Giulio Andreotti nei tre governi che ha formato nella drammatica legislatura compresa tra il 1976 e il 1979.

 

sandro pertini

Sandro Pertini

 

Ed è in quel frangente, in particolare dopo la crisi del IV governo Andreotti, quello della “solidarietà nazionale”, che il nuovo presidente della Repubblica, Sandro Pertini, il 22 febbraio del 1979, convoca in simultanea, ma a breve distanza di un quarto d’ora l’uno dall’altro, tre leader, Giulio Andreotti (Dc), Giuseppe Saragat (Psdi) e Ugo la Malfa (Pri). Pertini fa credere a ognuno di loro di volergli affidare l’incarico per formare un nuovo governo, ma facendo anche in modo non si incontrino, sistemandoli in tre stanze diverse e lontane, come se avesse convocato tre premier designati o che presumevano di esserlo. Pertini credeva ancora possibile far nascere un governo di “solidarietà nazionale” con il Pci: voleva nominare un premier (Andreotti o La Malfa) e due vicepremier (forse La Malfa e Saragat, che però poi si sfila), ma il tentativo non gli riesce. La Malfa, poco dopo, ne morirà per il dolore….

giovanni spadolini

Giovanni Spadolini

 

Complicate e laboriose anche le fasi che portano alla nascita dei governi detti ‘pentapartito’ a inizi degli anni Ottanta, quando per la prima volta dal 1946 arriva a palazzo Chigi un esponente di un partito laico, il leader del Pri Giovanni Spadolini. Il I governo Spadolini (1981-1982) nasce il 28 giugno 1981. Presidente della Repubblica era Sandro Pertini, che darà anche il primo incarico di governo a un socialista (Craxi). A Pertini succede, nel 1987, Francesco Cossiga che darà il primo e unico incarico, per quanto solo esplorativo, a un esponente del Pci, Nilde Jotti. 

 

francesco_cossiga_dc_quirinale

Francesco Cossiga prima di diventare presidente della Repubblica (1987-1992)

Francesco Cossiga apriva i suoi colloqui offrendo a ognuno dei suoi ospiti i cioccolatini, ma Marco Pannella, sempre polemico ma in quell’occasione più del solito, viene fatto accompagnare alla porta…. Al contrario Achille Occhetto, segretario del Pds, da Cossiga definito “uno zombie con i baffi”, si è rifiutato cocciutamente di salire al Colle durante le consultazioni gestite da Cossiga…

 

Oscar Luigi Scalfaro

Oscar Luigi Scalfaro

 

Una scelta che, poi, Cossiga applicò a sé stesso in polemica aperta con il suo successore, Oscar Luigi Scalfaro, rifiutandosi di salire al Colle nelle consultazioni del suo (detestato) successore.

Un altro cruento scontro di quella stagione politica riguarda quando Craxi e De Mita chiedono al presidente della Repubblica, sempre Francesco Cossiga, di ‘costituzionalizzare’ il “patto della staffetta” – patto che avevano ideato per alternarsi, all’interno della coalizione di pentapartito, nella guida del governo. Cossiga reagisce con dispetto e, in malo modo, risponde di no ad entrambi.

 

II governo Craxi 1986 1987

4 agosto 1983 Giura il Governo guidato da Bettino Craxi

 

Una crisi davvero ‘pazza’ riguarda il momento precedente alle elezioni politiche anticipate del 1987, quando – dopo le dimissioni del II governo Craxi (1986-1987) – il presidente della Repubblica, Cossiga, nomina presidente del Consiglio Amintore Fanfani. Il quale Fanfani non solo non rinuncia alla sua carica di presidente del Senato nel formare il suo VI governo ma. quando si presenta davanti alle Camere, viene appoggiato dal Psi di Craxi, ma soprendentemente viene bocciato dal suo partito, la Dc, con un voto di astensione che poi gli preclude la possibilità di restare in carica.

 

Amintore Fanfani

Amintore Fanfani

 

Il VI governo Fanfani resterà in carica fino al 9 luglio 1987 accompagnando poi il Paese a elezioni politiche anticipate. Come quello che potrebbe nascere ora viene detto ‘governo di minoranza’. 

 

governo amato 1993

AMATO: NEL ’92 ULTIMO GOVERNO DELLA PRIMA REPUBBLICA. Foto di famiglia del primo governo presieduto da Giuliano Amato in occasione del giuramento, il 28 giugno 1992. Il governo Amato si dimise il 22 aprile 1993. ARCHIVIO / ANSA / PAL

 

Di Scalfaro si è da più parti scritto che registrava gli incontri con un vecchio magnetofono a vista e che si riguardava le successive dichiarazioni dei capi delegazione di partito nella sua tv a bassa frequenza. Sempre durante il suo settennato, all’inizio, nel 1993, venne raggiunto quello che il giornalista e notista politico Filippo Ceccarelli definisce “il punto più basso delle consultazioni”. L’episodio si verifica durante la crisi del I governo Amato (1993) quando Scalfaro decide di espungere, dalle consultazioni, tutti i (numerosi) segretari di partito e capigruppo inquisiti dalla magistratura (si era ai tempi di Mani Pulite) a tal punto che, a poche ore dall’inizio delle consultazioni di rito, non si sapeva bene chi e quali gruppi il presidente avrebbe ricevuto al Colle…

 

manipulite

Il pool di manipulite

 

Infine, ai tempi delle consultazioni dei presidenti Ciampi e Napolitano si arriva a dar vita a calendari di consultazioni monstre: fino a 29 delegazioni salgono al Colle, a causa della eccessiva, endemica, frammentazione del quadro politico della Seconda Repubblica.

 

presidenti Ciampi e Napolitano

Gli ex presidenti Ciampi e Napolitano

Anche in questo caso, ovviamente, lo show detto del “minestrone”, dello “spezzatino”, del “fritto misto” o della “macedonia” viene assicurato dalla grottesca casualità delle colorite delegazioni dei gruppi parlamentari che salgono al Colle. Dal 2018 in poi, invece, ma in realtà già dal 2013 in poi (Napolitano) e a maggior ragione con Sergio Mattarella, le consultazioni tornano nel loro alveo naturale: rapide, secche e lineari, anche perché i gruppi diventano assai meno, anche grazie alle nuove leggi elettorali introdotte.

 

2018 prime consultazioni governo mattarella

2018 le prime consultazioni per il Governo

 

Certo, le consultazioni del 2018 che portarono al governo Conte, comportarono tre mesi, cioè 89 giorni di crisi di governo, tre giri di consultazioni e due incarichi esplorativi (più un incarico ‘mai nato’, quello a Carlo Cottarelli), un timing che, ormai, è già entrato nel Guiness dei primati della storia politica della Repubblica, ma difficilmente Mattarella, stavolta, le tirerà così in lungo.

 


 

NB: Questo articolo è stato scritto in forma originale per questo blog il 20 agosto 2019